L’antisionismo non si processa! A fianco della Resistenza Palestinese e dei compagni imputati a Milano

Rivolgere l’accusa di antisemitismo contro chiunque consideri razzista l’attuale Stato sionista di Israele, nonostante l’effettiva discriminazione istituzionale su cui si basa, equivale a garantire a Israele stesso l’impunità assoluta e l’immunità dall’accusa di razzismo.

Panetteria Occupata – Milano

Immagine di copertina: credit Ansa 2020

L’11 gennaio inizia il processo a quattro compagni di Milano accusati di minacce, lancio pericoloso di oggetti e resistenza a Pubblico Ufficiale, aggravate da incitamento all’odio razziale.  L’imputazione è relativa alla contestazione, da parte di centinaia di persone, della presenza delle bandiere israeliane alla manifestazione del 25 Aprile 2018 a Milano, come atto di solidarietà alla lotta del popolo palestinese che, da quasi un secolo, resiste alla feroce occupazione colonialista della loro terra.

Nel 1917, con la dichiarazione di Balfour, il governo britannico affermava di guardare con favore alla costituzione in Palestina di “un focolare nazionale per il popolo ebraico”, cioè di una striscia umana solida ed “esterna” (come già dichiarato qualche anno prima da Francia e Inghilterra), per occupare il passaggio terrestre che lega l’Europa con il mondo antico, in modo che essa formasse una forza alleata al colonialismo, nemica ed ostile ai popoli della regione.

Quindi l’allontanamento forzato dei Palestinesi fu un processo programmato e pianificato al fine di ripulire la Palestina della sua popolazione araba e fu accompagnato da campagne intensive di terrore e massacri. Nessuno stupore se, a partire dal 15 maggio del 1948, in quella che i Palestinesi chiamano la NAKBA (la Catastrofe), le bande sioniste prendono il controllo dei 774 tra villaggi e città distruggendone 531 e commettendo oltre 70 stragi e massacri degli autoctoni. Come conseguenza di tali crimini, oltre 15 mila palestinesi morirono durante quel periodo, 800 mila fuggirono o vennero dislocati internamente in diverse località della Cisgiordania, di Gerusalemme e della Striscia di Gaza ed esternamente in alcuni paesi arabi tra cui Siria, Libano, Giordania, Iraq, ecc. A partire da quel momento, è continuata un’erosione costante della terra palestinese grazie agli inarrestabili insediamenti di coloni e alla costruzione del Muro dell’apartheid, con la conseguente sparizione della Palestina stessa dalle carte geografiche.

Questo per spiegare anche storicamente due punti importanti:

– cosa c’è alla base del sionismo, una ideologia politica basata su concetti come purezza del sangue, popolo eletto, terra promessa, con il collante religioso e con l’obiettivo della rinascita del Regno d’Israele dal Nilo all’Eufrate. Naturalmente, tramite la colonizzazione della Palestina!

– perché viene contestato il passaggio delle bandiere sioniste d’Israele, quindi dell’occupante, nella data simbolicamente più importante per la memoria della lotta popolare e partigiana.

Quello che inizia a gennaio è il primo processo in Italia con questo tipo di accuse che può aprire, se non si agisce, una spirale repressiva pericolosa, dove ogni forma di legittima critica e lotta alle politiche di Israele contro il genocidio del popolo palestinese, al suo ruolo non solo in quell’area, ma all’interno del dominio imperialista, verrà attaccata e processata.

Rivolgere l’accusa di antisemitismo contro chiunque consideri razzista l’attuale Stato sionista di Israele, nonostante l’effettiva discriminazione istituzionale su cui si basa, equivale a garantire a Israele stesso l’impunità assoluta e l’immunità dall’accusa di razzismo.

Un recente esempio: gli studenti torinesi di Progetto Palestina, accusati dall’”Osservatorio Solomon sulle Discriminazioni” di diffondere idee antisemite nell’Università e di incitare all’odio razziale. Studenti che in realtà portano avanti semplicemente le istanze della causa palestinese e promuovono il BDS nella Città di Torino.

La solidarietà, intesa come atto politico di condivisione e partecipazione nei confronti dei popoli in lotta contro il dominio politico, economico, ideologico e per l’affermazione della loro autoderminazione, potrebbe essere attaccata e processata.

La strumentalità di simili accuse si prefigura come un’offensiva alle idee e alla possibilità di esprimerle e sancisce non solo il dominio e l’adesione alle politiche israeliane,  ma anche ai rapporti economici-politici (dall’università, ai sistemi di intelligence, all’industria bellica, ai sistemi informatici …) che l’Italia ha con essa.

A tale proposito ricordiamo che il 22 settembre 2020, sempre in periodo di pandemia, è stato stipulato un accordo del valore complessivo di 700 milioni di dollari, di cui 350 milioni a carico dell’Italia, per l’acquisito di piattaforme per l’aeronautica militare da parte di Israele; con questa somma si sarebbero potute ottenere circa 5800 postazioni di terapia intensiva. In parole semplici questo significa che i nostri soldi vengono spesi per la guerra e per supportare il sistema colonialista israeliano, invece che per la sanità, la salute e la vita.

Con questo appello ribadiamo che siamo a fianco degli imputati e chiediamo venga espressa analoga solidarietà nelle forme ad ognuno più congeniali, affinché questo infame tentativo di criminalizzazione venga respinto al mittente.

Invitiamo a partecipare al presidio davanti al Tribunale di Milano e ad eventuali iniziative che verranno proposte da noi o da altre realtà, affinché si sviluppi solidarietà attiva perché il silenzio è complice ed essere antifascisti è anche essere antisionisti.

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