Nave israeliana attaccata dall’Iran di proprietà di una compagnia legata al Mossad

Può essere più che una coincidenza che l’armatore della nave, Avraham “Rami” Ungar, abbia profondi legami personali e commerciali ai massimi livelli negli ambienti politici e militari israeliani.

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Richard Silverstein – 1 marzo 2021

Immagine di copertina: la nave Helios Ray dopo il presunto attacco di un razzo iraniano (Ali Haider/EPA)

Alcuni giorni fa, una nave cargo israeliana diretta dall’Arabia Saudita a Singapore è stata attaccata da razzi nel Golfo dell’Oman. Questo è accaduto successivamente all’attacco delle forze statunitensi, lo stesso giorno, ad un avamposto di confine mantenuto dalle milizie iraniane sul confine Siria-Iraq uccidendo 17 miliziani. I missili hanno lasciato diversi fori sopra la linea di galleggiamento ma non hanno causato ulteriori danni all’Helios Ray, al suo carico o all’equipaggio. Israele è convinto che l’attacco sia stato sferrato dalle forze iraniane, che in precedenza avevano attaccato le navi nel Golfo come rappresaglia per atti ostili contro l’Iran da parte degli stati sunniti del Golfo. Netanyahu ha ordinato attacchi aerei contro obiettivi iraniani in Siria come rappresaglia per l’attacco.

È possibile che la nave attaccata rappresentasse un obiettivo casuale per gli iraniani, che non sapevano necessariamente chi o cosa stavano attaccando. Ma può essere più che una coincidenza che l’armatore della nave, Avraham “Rami” Ungar, abbia profondi legami personali e commerciali ai massimi livelli negli ambienti politici e militari israeliani. È anche elencato da Haaretz come il 22º israeliano più ricco (con un patrimonio di 2,1 miliardi di dollari).

Nel 2014, l’ex primo ministro Ehud Olmert è stato colto mentre diceva al suo segretario personale che se fosse andato in prigione per aver rifiutato di fare il suo nome nella causa per corruzione, Ungar gli avrebbe dato personalmente 10.000 dollari al mese dopo aver scontato la condanna.

Negli ultimi dieci anni, Ungar ha anche avuto uno stretto rapporto con il direttore del Mossad, Yossi Cohen. Infatti, Cohen (allora vice direttore) intervenne personalmente in una controversia legale tra Rami Ungar e un altro magnate della navigazione. Michael Levi aveva ottenuto il contratto per il Medio Oriente per la spedizione di nuovi modelli Kia coreani. Dopo che Ungar assunse il contratto, Levi fece causa. In tribunale, ha esibito documenti ottenuti da Ungar che dimostravano che quest’ultimo aveva pagato centinaia di migliaia di dollari in tangenti ai funzionari di Kia. In risposta, Ungar si è lamentato del fatto che Levi avesse usato mezzi illegali per ottenere i documenti. A quel punto, Yossi Cohen intercedette con un ex ufficiale dei Servizi Segreti Militari che aveva ottenuto le prove, probabilmente attraverso il monitoraggio delle comunicazioni di Ungar. Cohen e il suo avvocato persuasero l’ex ufficiale delle Forze Armate Israeliane a cambiare squadra, e quest’ultimo andò a lavorare per Ungar contro Levi.

Più tardi, Ungar ricambiò il favore: Quando Yossi Cohen decise di costruire una sinagoga accanto alla sua casa, diversi miliardari israeliani hanno fatto donazioni a sei cifre. Tra loro c’era Ungar, che ha dato un contributo di 300.000 dollari. Ma non lo ha fatto direttamente. Piuttosto, ha usato una società di copertura panamense per nascondere la donazione. La stessa società che ha trasferito la tangente a Kia Motors.

Perché Cohen, uno dei funzionari dell’intelligence più rispettati della nazione, sarebbe stato coinvolto in una disputa commerciale? A proposito, secondo la legge israeliana è illegale che qualsiasi funzionario pubblico interceda in tali questioni per conto di amici personali.

Per rispondere, si deve capire il ruolo che la navigazione israeliana svolge nelle operazioni di spionaggio della nazione. Gli agenti del Mossad operano in tutto il mondo, spesso in nazioni ostili. Frequentemente necessitano di mezzi di viaggio non convenzionali e non rintracciabili, in modo che i loro spostamenti non siano tracciati. Invece di viaggiare con le tipiche modalità di trasporto pubblico, le navi rappresentano un mezzo alternativo per spostare segretamente il personale e le attrezzature.

La più grande compagnia di navigazione israeliana è di proprietà dei fratelli Ofer. Il governo degli Stati Uniti ha sanzionato una delle sue società perché una delle sue navi aveva violato le sanzioni internazionali contro l’Iran. Aveva attraccato nel paese e imbarcato il carico che ha consegnato a una destinazione fuori dall’Iran. Haaretz ha riferito che, in effetti, 13 navi di proprietà dei fratelli Ofer hanno attraccato in due porti iraniani tra il 2001 e il 2011.

A prima vista, potrebbe sembrare strano per un’azienda israeliana impegnarsi in scambi commerciali con l’Iran. Ma ha senso quando si capisce il vantaggio che questo offre all’intelligence israeliana. Se il Mossad desidera trasportare una risorsa tattica da o verso l’Iran; se si desidera trasportare armi, esplosivi o attrezzatura di sorveglianza in Iran, quale modo migliore per farlo se non con una nave mercantile? È qui che entrano in gioco gli Ofers.

Rapporti investigativi sull’assassinio del trafficante d’armi di Hamas Mahmoud al Mabouh hanno chiarito come gli assassini israeliani siano fuggiti da Dubai. Tre degli assassini sono fuggiti su una nave che ha fatto scalo in Iran. Sebbene non ci siano prove concrete che fosse una delle navi di Ungar o Ofer, tali operazioni sono completamente in linea con le loro precedenti modalità operative.

Quando Ofer ha protestato contro il divieto degli Stati Uniti, ha notato che aveva orgogliosamente collaborato con l’intelligence israeliana per far avanzare le sue operazioni. Punirlo per aver offerto un servizio vitale nella lotta contro la minaccia nucleare iraniana sembrava ingiusto e punitivo. Gli Stati Uniti alla fine hanno ritirato le sanzioni.

I legami di Ungar con Mossad e UANI

Il che ci conduce a Rami Ungar. Ha avanzato gli interessi dell’intelligence israeliana in un modo diverso. Ha agito come intermediario per conto del Mossad mentre cercava di influenzare i competitivi accordi di spedizione, in conformità con le sanzioni internazionali contro l’Iran. Questo spiega più che altro perché lui e Yossi Cohen hanno relazioni così solide.

Il giornalista indipendente Glenn Greenwald ritiene che il Mossad abbia collaborato con l’ONG statunitense anti-Iran, United Against a Nuclear Iran (Uniti Contro un Iran Nucleare – UANI), per far rispettare il regime di sanzioni:

Al centro c’è un gruppo anti-iraniano che si fa chiamare “United Against a Nuclear Iran, che è molto probabilmente una copertura per qualche combinazione dei servizi segreti israeliani e statunitensi.

Il New York Times riferisce che oltre alla sua missione di “condurre una guerra economica e psicologica” contro l’Iran, L’ONG utilizza le risorse israeliane per minacciare e ricattare altri armatori. Un caso riguardava Ungar e il magnate delle spedizioni greche Victor Restis:

Il gruppo UANI è meglio conosciuto per le sue campagne “nomi e cognomi”, che portano alla luce informazioni su società occidentali sospettate di fare affari con l’Iran. Usando comunicati stampa, lettere, Facebook e il suo sito web, il gruppo li spinge a fermarsi.

Le aziende spesso rispondono tagliando i legami con l’Iran. Ma la risposta è stata diversa l’anno scorso quando Mark Wallace ha inviato una lettera a Restis, accusando lui e la sua compagnia di essere un “prestanome per le attività illecite del regime iraniano”. Restis ha querelato per diffamazione.

Il gruppo ha detto di aver scoperto una lettera che dimostrava che c’era un piano per fare affari in Iran. Ha anche accusato Restis di utilizzare le sue navi a sostegno dell’industria petrolifera iraniana.

Restis ha detto che la lettera era falsa e l’accordo illecito con l’Iran non è mai esistito. Ha accusato il gruppo di ricattare le aziende donatrici; il gruppo a sua volta lo ha accusato di essere un “maestro del crimine”.

Il gruppo ha affermato di aver basato le sue accuse su “ricerche valide, documenti credibili, relazioni illustri e imponenti ricerche”. In tribunale, Restis ha chiesto al gruppo di mostrare quei documenti e le sue relazioni.

Subito dopo quella richiesta, Restis ha detto di essere stato avvicinato da un uomo d’affari israeliano, Rami Ungar, senza alcun collegamento diretto con United Against Nuclear Iran.

Secondo i documenti del tribunale depositati dagli avvocati di Restis, Ungar conosceva i dettagli del caso e ha detto di essere “autorizzato a cercare di risolvere le questioni” per conto dei sostenitori del gruppo.

Non era chiaro chi fossero quei sostenitori, gli avvocati di Restis hanno detto di aver acquisito informazioni secondo cui United Against Nuclear Iran “è finanziato da interessi stranieri”.

Casualmente, Ungar iniziò la sua carriera di spedizioniere marittimo da e per l’Iran negli anni ’70 durante l’era dello Scià.

Durante il viaggio per il tribunale è successa una cosa divertente. Il Dipartimento di Giustizia di Obama è intervenuto e ha interrotto il procedimento con la motivazione che avrebbe potuto danneggiare gli interessi dei servizi segreti statunitense. Mentre è facile capire come la scoperta in questo caso avrebbe danneggiato gli interessi del Mossad, è interessante considerare quali interessi dell’intelligence statunitense sarebbero stati allo stesso modo esposti. E in che modo quegli interessi sarebbero stati connessi a quelli del Mossad.

Tornando all’attacco all’Helios Ray: un quotidiano iraniano radicale ha affermato che la nave è stata attaccata perché era in missione di “spionaggio”. Questa sembra pura speculazione, dal momento che non ha offerto alcuna prova per l’affermazione. Ma data la sordida storia con cui il Mossad sfrutta tali compagnie di navigazione, non si può criticare la stampa iraniana per averlo creduto.

 

Richard Silverstein è un blogger a tempo pieno che si definisce un “progressista critico del sionismo” che sostiene un “ritiro israeliano ai confini pre-67 e un accordo di pace garantito a livello internazionale con i palestinesi”. Ha anche creato l’ormai defunto Israel Palestine Forum, un forum progressista dedicato alla discussione del conflitto israelo-palestinese. Ha spesso intervistato su Iranian Press TV e ha contribuito con saggi ad Al Jazeera, The Huffington Post, The Guardian, Haaretz, The Jewish Daily Forward, Los Angeles Times, Tikkun, Truthout, The American Conservative, Middle East Eye e Al-Araby Al-Jadeed.

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org