Messaggio alla leadership palestinese: Biden non è nostro alleato, solo il popolo libererà la Palestina

Siamo oppressi dal dolore, dalla delusione e dalla nostalgia, ma questo non indebolisce il nostro obiettivo.

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di Mohammed Rafik Mhawesh, 30 maggio 2021

FOTO – Il presidente palestinese Mahmoud Abbas incontra il segretario di stato americano Anthony Blinken nella città di Ramallah in Cisgiordania, 25 maggio 2021. (Foto:THAER GANAIM/APA IMAGES)

La visita del segretario di stato americano Antony Blinken all’Autorità palestinese a Ramallah non è stata la benvenuta per il cittadino palestinese medio a Gaza. Ciò di cui avevamo bisogno dalla nostra leadership era una richiesta sincera di porre immediatamente fine all’imperialismo degli Stati Uniti, e invece abbiamo ricevuto strette di mano che si discostavano di poco da dei puri colloqui tra i padroni di casa e i ladri.

Ciò che sta accadendo ora in Palestina è una continuazione del 1948, quando i palestinesi furono spossessati della loro patria, patria a cui rimaniamo attaccati da allora. Da allora, nonostante la violenza e le difficoltà che non fanno che peggiorare di giorno in giorno, abbiamo impiegato tutti i mezzi possibili per esprimere il nostro rifiuto e la nostra resistenza e per raggiungere i nostri diritti umani fondamentali all’interno delle parti frammentate della nostra Palestina storica. Eppure posso affermare che mai prima d’ora i palestinesi sono stati più orgogliosi di quanto lo siamo noi adesso, perché ci siamo opposti alla privazione israeliana dei nostri diritti a Gerusalemme, in Cisgiordania e al genocidio non riconosciuto nella Striscia di Gaza.

Sono un palestinese sui vent’anni residente a Gaza, abbastanza giovane da aspettarsi ancora un futuro luminoso degno delle sfide e del sacrificio che ci attendono, ma abbastanza vecchio da essere stato testimone dei diversi modi in cui l’occupazione ha espropriato i beni della mia famiglia, dei massacri in corso e della distruzione, perpetrata dagli F-16 israeliani, del luogo in cui sono nato.

Negli ultimi settant’anni gli Stati Uniti si sono affermati, non solo come un inequivocabile alleato di Israele, ma anche come un importante attore, complice nella continua oppressione israeliana della terra, dell’identità e del popolo palestinesi. La criminalità della polizia israeliana a Gerusalemme e gli attacchi dell’esercito a Gaza non sono mai stati più chiari e dovrebbero essere ritenuti responsabili dagli organi giuridici del mondo. Poiché la vita in Palestina ora è ciò che è grazie al sostegno degli Stati Uniti a Israele, gli Stati Uniti dovrebbero essere i primi ad agire con decisione nel ricercare la giustizia e l’uguaglianza. Purtroppo, so che le mie speranze di un sostegno americano alla giusta causa della Palestina contro l’occupazione militare israeliana non saranno soddisfatte.

I recenti 3,8 miliardi di dollari di aiuti militari all’anno che gli Stati Uniti destinano a Israele per continuare a brutalizzare i corpi dei palestinesi, imprigionarli e colonizzare le loro terre senza sosta, mostrano che il governo degli Stati Uniti ha le mani sporche del sangue palestinese. Inoltre, gli Stati Uniti hanno anche garantito a Israele un’impunità diplomatica incrollabile a livello internazionale per i suoi inadempimenti e violazioni. Questo è iniziato fin dalle prime ore dell’inizio dell’apartheid in Palestina 73 anni fa e continua ancora oggi.

Per queste ragioni, insieme ai miei compagni attivisti palestinesi, vedo la visita di Blinken come una mascherata di politica e diplomazia in malafede, che tenta di spezzare la lunga lotta palestinese e consolidare ulteriormente un’agenda coloniale e capitalista che colpisce le trincee del movimento di liberazione, ovunque esso si trovi in Palestina. La prova di ciò è nient’altro che il fatto che, anche se questo incontro avrebbe dovuto essere a sostegno del cessate il fuoco, intanto le azioni discriminatorie razziali di Israele continuavano a svolgersi simultaneamente in tutta la Palestina con il sostegno degli Stati Uniti alle forze dell’ordine e ai coloni israeliani.

Gli Stati Uniti e la leadership palestinese: forze di pacificazione anti-rivoluzionarie

I palestinesi rifiutano l’imposizione degli Stati Uniti come intermediari per falsi “colloqui” tra il colonizzatore e la defunta e corrotta leadership di Ramallah. Rifiutiamo anche qualsiasi tentativo cosiddetto di buona volontà di stanziare aiuti in denaro per la ricostruzione a Gaza, che vengono utilizzati solo per coprire l’impatto genocida causato dagli ultimi disumani attacchi a Gaza, sostenuti in primo luogo dagli Stati Uniti.

Ciò che i nostri leader devono comprendere è che la nostra sofferenza umana, sotto continue paure e attacchi senza precedenti ogni pochi anni, non è semplicemente una statistica. Le conseguenze durano a lungo, anche più di quanto un leader possa governare o comandare.

Gli eventi delle ultime settimane non avrebbero dovuto far altro che rafforzare l’opinione di tutti i legittimi decisori in Palestina che non siamo un paese definito da divisioni politiche o disordini o azioni disperate, ma piuttosto una base unificata di resistenza nazionale contro la discriminazione basata sulla razza e politiche sistematiche di aggressione, pulizia etnica e apartheid praticate dall’occupante.

In realtà, questo paese è governato da asservimento militare contro manifestanti armati solo di pietre. Queste pietre sono solo una piccola risposta alla brutalità che è stata tramandata al popolo da una generazione all’altra, aggravata dall’aiuto militare “difensivo” degli alleati del nostro occupante.

In seguito al cessate il fuoco, Netanyahu, commentando alla stampa, ha presentato una promessa aggressiva con il sostegno degli Stati Uniti e ha minacciato una “risposta molto potente” se Gaza avesse mostrato resistenza alla brutalità del governo israeliano.

Blinken è a Ramallah per imbiancare il recente risultato di questa promessa: l’uccisione di 254 civili innocenti da parte di Israele, tra cui 66 bambini, 39 donne, 17 anziani e 1.948 feriti. Questo si aggiunge a 576 unità residenziali completamente distrutte e alla distruzione parziale di altre 6.424 case. Questo è un vivido esempio di come Israele si difende. Usano il sostegno di Biden quando i palestinesi rispondono solo ai crimini commessi contro di loro a Gaza o in Cisgiordania, per non parlare di quelli in esilio e della diaspora.

E ancora, quelle statistiche non sono solo numeri. Ognuno porta innumerevoli storie di appartenenza, speranza e fermezza. Tutti sono stati uccisi a causa del loro rifiuto dell’occupazione sulla loro terra. Erano pieni di storie di speranza, vite di lotta, e erano stati lentamente spinti in esilio. È stata solo la loro legittima e morale persistenza che ha portato i missili israeliani sui loro corpi morbidi, caduti a brandelli tra le braccia dei loro cari e delle loro famiglie.

Il governo degli Stati Uniti deve porre fine alla sua più che decennale politica di benefattore e protettore di Israele. Gli Stati Uniti dovrebbero innanzitutto ascoltare l’appello dei palestinesi, l’appello dei propri cittadini e di milioni di persone nel mondo che hanno protestato a sostegno della liberazione della Palestina, molte delle quali sono state sicuramente esse stesse vittime di oppressione.

Le dichiarazioni del segretario di stato di Biden non erano altro che parole. Non abbiamo bisogno della comunità internazionale distrutta per ripristinare la nostra umanità, i nostri diritti e la nostra patria. Tuttavia, è tempo che gli Stati Uniti seguano i loro presunti valori di uguaglianza, giustizia, diritti umani e libertà. Per gli Stati Uniti farlo significherebbe la fine del processo contro i palestinesi, sostenuto coi dollari dei contribuenti americani, e il sostegno, invece, alla condizione palestinese semplicemente di esistere nella terra dei nostri antenati.

Decolonizzare la Palestina è l’unico dovere del nostro popolo

Anni di incompetenti dinamiche politiche palestinesi hanno spinto resistenza e lotta nazionali, come palestinesi in tutta la Palestina occupata e nella diaspora, a vedere che condividiamo gli stessi interessi di un popolo unificato: spezzare le catene dell’oppressore per non essere più soffocato sotto l’occupazione.

Come palestinesi solo noi abbiamo il controllo del nostro destino; abbiamo mostrato al mondo un’unità e una rivolta senza precedenti mentre l’occupazione mostra stupidità e aggressività.

Credo, partendo dalla mia umile esperienza nel portare avanti la mia missione di smascherare le aggressioni quotidiane contro il mio popolo, che liberare la Palestina sia dovere dei suoi sopravvissuti, solo del suo popolo.

I nostri funzionari che volano in giro per il mondo con i nostri soldi e la nostra reputazione, con l’obiettivo di impietosire il mondo e farlo simpatizzare con noi, non è ciò che consideriamo resistenza persistente. E come cittadini palestinesi, minacciati da tonnellate di missili di aerei da guerra di fabbricazione americana e pilotati da Israele, non vogliamo che nessuno abbia pietà di noi; vogliamo essere trattati con umanità, giustizia e libertà senza essere assediati da terra, aria e mare.

È difficile mantenere questo tipo di perseveranza in tutta una popolazione, ma ciò che ci spinge di fronte alla complicità internazionale sono sogni di speranza; il desiderio di ridere e bisticciare al mare lungo ogni città costiera solo per il gusto di ridere e bisticciare. Come tutti gli altri umani.

Siamo oppressi dal dolore, dalla delusione e dalla nostalgia, ma questo non indebolisce il nostro obiettivo. Come palestinesi, giovani e vecchi, stringiamo le chiavi delle nostre case e sogniamo le nostre terre nella Palestina occupata. Questo è l’unico messaggio palestinese che il mondo deve imparare.

Traduzione: Simonetta Lambertini – invictapalestina.org