Il sangue di Mohammed Allaan è nelle nostre mani

Uno stato  in cui  centinaia di persone sono confinate nelle carceri senza processo non è una democrazia, e tutte le scuse sulla “sicurezza” non aiutano.

Gideon Levy – Haaretz.com – Aug 16, 2015 1:29 PM

Protesters demonstrate in support of hunger-striking prisoner Mohammed Allaan, outside Soroka Medical Center in Be'er Sheva. Eliyahu Hershovitz read more: http://www.haaretz.com/opinion/.premium-1.671264
Protesters demonstrate in support of hunger-striking prisoner Mohammed Allaan, outside Soroka Medical Center in Be’er Sheva. Eliyahu Hershovitz

Il sangue di Mohammed Allaan è nelle nostre mani, nelle mani dello Stato di Israele. Lo Stato si assume la piena ed esclusiva responsabilità per la sua morte se, lungi da me, muore. Nessuna scusa coprirà la vergogna, nessuna propaganda potrà espiare il reato. Mentre si scrivono queste righe, Sabato pomeriggio, lui vacillava con un respiratore tra la vita e la morte in un coma indotto.

La morte di questo avvocato 31 enne del villaggio di Einabus è tale da generare non solo “danni all’immagine di Israele” e portare a un incendio in Cisgiordania e Gaza – in primo luogo, Allaan è vittima di uno dei vili atti dell’occupazione israeliana: la detenzione amministrativa. Che, qui non si vede.

Allaan è un combattente per la libertà. Non c’è nessun termine che si addice di più a questa definizione, nessun altro modo per descriverlo. Allaan sta scioperando fino alla morte per la sua libertà, a cui ha diritto in base ad ogni criterio costituzionale, democratico o morale. Anche se i teppisti di Ashkelon e dei suoi nazionalisti violenti urlano fino alla fine dei tempi “terrorista”, e anche se incitano servizi televisivi a parlare di “mani insanguinate”, Allaan rimarrà un combattente per la libertà, innocente.

Come ricordiamo, non è  stato mai  incriminato né processato. L’establishment della sicurezza non ha uno straccio di prova contro di lui o contro centinaia di suoi amici, non dimostra nemmeno che potrebbe inquinare le prove – che è la cosa più facile da fare in un sistema che non ha alcun legame di sorta con la giustizia.

Non è un caso che tutti gli scioperanti siano detenuti  amministrativi di lunga data. Non hanno combattuto contro gli insediamenti o contro l’occupazione. Hanno combattuto per la loro libertà personale, che è il loro diritto assoluto. Essi non sono prigionieri, sono detenuti arbitrari. La loro detenzione amministrativa è diventata una normalità terribile, ovvia, come i posti di blocco, le uccisioni insensate e i rapimenti notturni. Negli ultimi 15 anni, in qualche momento il numero di tali detenuti variava da 150 a 1.000. Anche nella più promettente tranquillità  il loro numero non varia. In questo momento ci sono circa 400 prigionieri. In altre parole, ci sono centinaia di persone che vengono tenute senza processo nelle prigioni israeliane.

Se c’è un motivo per rivolgersi alla Corte penale internazionale – questo è un motivo, forse anche prima delle uccisioni, delle espulsioni e degli insediamenti. Se ci sono prove che possono dimostrare le menzogne della “unica democrazia del Medio Oriente” – questa è una prova evidente. Uno stato  in cui  centinaia di persone sono confinate nelle carceri senza processo non è una democrazia, e tutte le scuse sulla “sicurezza” non lo aiuterà. Non c’è, non c’è  mai stato e non ci sarà mai una cosa del genere – una democrazia con arresti di massa senza processo.

Allaan sa tutto questo. Lui e  i suoi amici hanno  indicato lo sciopero della fame come la loro arma di giustizia,  perché la giustizia è dalla loro parte. Perché non c’è altra giustizia che possa giustificare la loro detenzione, salvo  la giustizia dei teppisti di  Ashkelon e loro simili: la libertà o la morte, e Israele avrebbe dovuto chinare la testa in segno di ammirazione per la loro determinazione, la loro giustizia e il loro coraggio.

Allaan sta morendo, e con lui, la pretesa democrazia di Israele. Israele teme il danno che subirà. La maggior parte dei suoi esperti  legali sono silenziosi e la maggior parte dei suoi giornalisti censurano l’evento. Israele non avrebbe dovuto arrestare Allaan lo scorso novembre e metterlo alla detenzione per sei mesi senza processo. Israele non avrebbe dovuto successivamente prorogare la sua detenzione per altri sei mesi. Non dovrebbe aver fatto questo a decine di migliaia di persone nel corso degli anni. Non avrebbe dovuto agire in questo modo. Ma non è troppo tardi. Il dibattito ora non deve essere su come prolungare la vita di Allaan. L’unico modo per salvarlo è quello di liberarlo immediatamente, senza condizioni, e con lui centinaia di altri detenuti amministrativi. Questo sarà non solo la grande vittoria di questi combattenti per la libertà, sarà anche la vittoria di Israele.

Trad. Invictapalestina

fonte: http://www.haaretz.com/opinion/.premium-1.671264

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