Creare la “Terra di Israele”: l’Agitprop* per la costruzione del sentimento nazionale

copertina
Jewish National Fund, circa 1950

 Palestine Square  March 25, 2016 

La conquista materiale e culturale del sionismo è l’epifenomeno di un assioma costantemente ripetuto dai suoi sostenitori: gli Arabi possono avere diritti sulla terra, ma solo gli Ebrei hanno diritti sulla terra. Ogni movimento si fonda su una propaganda e il Sionismo è stato abilissimo nel marketing coloniale. Di sicuro, i Francesi in Algeria e gli Inglesi in India non hanno confezionato un’agitprop con la stessa maestria dei primi Sionisti. Bastava la loro potenza nettamente superiore a stabilire il dominio, quindi Francia e Inghilterra non hanno mai cercato di dipingere i possedimenti coloniali come regni finalmente risorti, legando elementi del passato e del presente. I Sionisti, invece, non avevano una potenza tangibile, e dovevano vincere una battaglia ideologica prima ancora della guerra vera e propria. La loro propaganda si fonda su due fili conduttori: in primis, la narrazione biblica del “ritorno” degli Ebrei alla loro terra, adattata alla sensibilità dei sostenitori occidentali; poi, per eliminare eventuali preoccupazioni sulla sorte delle comunità indigene palestinesi, il mito secondo cui quella terra era un deserto disabitato, in cui gli insediamenti non avrebbero arrecato danno ad anima viva, concetto ben rappresentato nella famosa frase “un popolo senza terra per una terra senza popolo.”

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Allo stesso tempo, la propaganda Sionista doveva spingere le comunità Ebraiche in Europa a emigrare in Palestina in nome della “redenzione” e poi unire l’Yishuv, costituito da gruppi di coloni, intorno al progetto di un futuro stato. I coloratissimi poster rappresentano un popolo indomito che coltiva la terra (“per far fiorire il deserto”), in grado di realizzare un’economia autosufficiente fondata sul “lavoro ebraico” e sulla “produzione ebraica”, necessari alla costruzione di un proto-stato indipendente dai Palestinesi e in grado, con il tempo, di soggiogarli. Fondandosi su una storia così evocativa, il Sionismo ha conquistato le simpatie di molti benefattori occidentali e ha forgiato una discreta comunità, il cui unico tratto comune era una tradizione di fede condivisa, rendendola una nazione unificata da un punto di vista culturale e linguistico, in grado di dare vita a un vero e proprio stato.

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Nel 1947, la comunità Yishuv presenta già tutti i tratti distintivi di uno Stato nazione e può contare su forze armate superiori agli antagonisti arabi per equipaggiamento e per addestramento, ma la propaganda continua a essere un elemento fondamentale per la conquista sionista della Palestina. In questo senso, la sua vittoria è egemonica rispetto ai pochissimi possedimenti coloniali alla vigilia della Nakba (meno del 10% del territorio palestinese).

Come giustamente osservato da Edward Said, Israele ha vinto la guerra anche perché aveva già vinto la “battaglia politica per la Palestina nel mondo internazionale in cui si discutevano idee, rappresentazioni, retorica, e immagini.” Il trionfo sui palestinesi passa proprio dalla battaglia politica, ovvero dalla vittoria della propaganda. Molti popoli hanno subito ingiustizie che sono state riconosciute, mentre per un certo periodo di tempo i Palestinesi sono stati cancellati dalla storia. “Non esistevano”, secondo le ignobili dichiarazioni di un Primo Ministro Israeliano.

Oggi, anche i sostenitori più ferventi di Israele riconoscono l’esistenza dei Palestinesi, pur continuando a negare le ingiustizie del passato. Tuttavia, i “topoi” del Sionismo sono ancora attuali nel dibattito in America: la Palestina era pressoché disabitata, i coloni ebraici hanno compiuto miracoli nel deserto da un punto di vista agrario, e (per i fondamentalisti cristiani) gli Ebrei non hanno fatto altro che reclamare il diritto su una terra che era stata loro promessa. Israele continua tuttora a promuovere un’immagine glorificata del lavoro e delle capacità produttive della sua comunità, sebbene in forma più edulcorata, come parte della sua campagna “Brand Israel”. Se un tempo questo serviva all’espansione delle risorse dell’Yishuv, oggi Israele usa gli artisti, i personaggi celebri e le tecnologie innovative per deviare l’attenzione dall’occupazione e conquistare le simpatie del pubblico in nome di uno stile di vita glamour.

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Se una narrazione è ripetuta fino allo sfinimento, troverà sempre qualcuno disposto a crederci. E le narrazioni che oggi sono strumentalizzate dal moderno Stato di Israele affondano le radici nelle campagne di propaganda precedenti allo Stato Sionista. I coloni ebrei e, successivamente, gli Israeliani hanno elaborato dei poster per comunicare le loro ambizioni e affermare una presenza forte sul territorio, nel tentativo di legittimare le proprie mire espansionistiche ancorandole non solo a un concetto di proprietà, ma anche a quello di una “terra di Israele,” utilizzando la propaganda per la costruzione di un sentimento nazionale. Ai palestinesi, secondo la celebre affermazione di Edward Said, è stato negato il “permesso di narrare”. Raccontare la storia palestinese (che non ha bisogno di finzioni) e vincere la “battaglia politica” passa dalla destrutturazione dei miti del Sionismo. Per capire la potenza e la longevità della propaganda Sionista, è indispensabile disfare la sua fonte più simbolica.

Trad. Romana Rubeo – Invictapalestina

fonte: http://blog.palestine-studies.org/2016/03/25/palestine-poster-project-creating-the-land-of-israel/

(*) Note inserite da Invictapalestina.

https://it.wikipedia.org/wiki/Agit-Prop

Agitprop è l’acronimo di отдел агитации и пропаганды (otdel agitatsii i propagandy), ossia Dipartimento per l’agitazione e la propaganda, organo del comitato centrale e regionale del Partito comunista dell’Unione sovietica il quale fu in seguito rinominato «Dipartimento ideologico».

Nella lingua russa il termine «propaganda» non presentava nessuna connotazione negativa, come in francese, italiano o inglese, significava «diffusione, disseminazione, d’idee». Attività e obbiettivi dell’Agitprop erano diffondere idee del marxismo-leninismo, e spiegazioni della politica attuata dal partito unico, oltre che in differenti contesti diffondere tutti i tipi di saperi utili, come per esempio le metodologie agronome.

L’«agitazione» consisteva invece nello spingere le persone ad agire conformemente alle progettualità d’azione dei dirigenti sovietici.

All the posters featured in this essay are from the Palestine Poster Project Archives founded by Dan Walsh.

 

 

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