Libano, Palestina, Israele, Giordania: il Medio Oriente è condannato a un disastroso terremoto?

Relativamente risparmiate negli ultimi anni, le popolazioni del Medio Oriente temono che un giorno la terra scivoli via da sotto i loro piedi. Gli specialisti sono unanimi: questi timori sono fondati e la regione è del tutto impreparata

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Di Laurent Perpigna Iban  – 14 febbraio 2023

Immagine di copertina: Un uomo siede sulle macerie di un edificio crollato durante le operazioni di soccorso ad Hatay il 12 febbraio 2023, dopo che il terremoto di magnitudo 7,8 ha colpito la Turchia e la Siria il 6 febbraio (AFP/Bülent Kılıç)

Da Beirut ad Amman passando per Ramallah o Tel Aviv, è una paura collettiva che riaffiora a ogni nuovo terremoto.

Perché esistono leggi naturali che ignorano la geopolitica, i confini e i conflitti, oltre a una realtà che viene puntualmente ricordata a tutti: in Medio Oriente milioni di persone vivono lungo la faglia del Mar Morto (DSF), altrimenti noto come Faglia del Levante.

Radicata nell’est del bacino del Mediterraneo, quest’ultima si trova alla congiunzione delle placche africana e araba, tagliando la regione da sud a nord per 1.200 chilometri, dal Golfo di Aqaba – aprendosi sul Mar Rosso, tra Israele e il Giordano – in Turchia, attraverso la Cisgiordania occupata, il Libano e la Siria.

 

Mappa della Faglia  del Mar Morto

E se negli ultimi decenni diversi terremoti di bassa intensità hanno scosso il Levante meridionale, l’onda d’urto del terremoto che ha sconvolto Turchia e Siria il 6 febbraio ha risvegliato vecchi demoni, sepolti nell’inconscio collettivo, ma non dimenticati.

Da allora, sono circolate domande ostinate: il Levante è destinato a subire un simile disastro un giorno? La regione è preparata?

Una tragedia inevitabile?

Se, quotidianamente, le questioni sismiche sono lontane dall’essere tra le preoccupazioni prioritarie,  il susseguirsi di segnali negli ultimi anni ne hanno cambiato la percezione.

Ne sono prova le scene di panico in diverse città del Libano lunedì scorso, quando il Paese dei Cedri ha subito forti scosse a causa del terremoto in Turchia e Siria: convinti fin dalle prime scosse che si stesse compiendo una tragedia, migliaia di libanesi sono usciti dalle loro case.

 “Il passato è la chiave del presente e del futuro. Esso ci mostra una frequenza significativa di terremoti nella regione, così come un loro carattere distruttivo” – Shmuel Marco, Università di Tel Aviv

L’idea è che la questione non sia più se ci sarà un grande terremoto nella regione, ma piuttosto quando accadrà, sembra essere condivisa dagli esperti.

Shmuel Marco, professore di geofisica all’Università di Tel Aviv, ha trascorso una lunga parte della sua carriera lavorando sulla questione. Per lui, un grave disastro è inevitabile.

“Il passato è la chiave del presente e del futuro.  Esso ci mostra una frequenza significativa di terremoti nella regione e una loro natura distruttiva”, spiega a Middle East Eye.

Perché il movimento delle placche tettoniche – e in particolare quello della placca araba che si sta muovendo lentamente ma inesorabilmente verso la placca anatolica a nord – è inevitabile.

Jalal Dabbeek, direttore del Center for Earth Sciences and Earthquake Engineering dell’università an-Najah di Nablus, nella Cisgiordania occupata, fa la stessa osservazione.

“L’esposizione geografica della Palestina, come quella di Israele e Giordania, varia da moderata a molto significativa. Ci aspettiamo un terremoto di magnitudo 6-7, con un possibile superamento di questo grado, in alcune zone del nord”, ha detto a MEE.

Quali sarebbero le zone più colpite?

Se sembra che, in caso di forte terremoto, la Giordania sia il Paese meno colpito, altrove la preoccupazione è grande, soprattutto in Libano.

Yehya Temsah, professore di ingegneria civile specializzato nello studio delle strutture sotto l’effetto dei terremoti annesso all’Università Araba di Beirut, spiega a MEE: “L’accelerazione, che è il valore progettuale antisismico, è la stessa in tutto il Libano: il paese è così piccolo. Ciò indica in che misura l’intero territorio sarebbe interessato.»

“Non dobbiamo inoltre dimenticare che oltre alla faglia di Yammouné [nome dato in Libano alla faglia di Levante], ci sono diverse altre faglie secondarie, più o meno importanti, che possono spostarsi in qualsiasi momento”, continua.

Ricostruita verticalmente dopo la fine della guerra civile, senza che nella stragrande maggioranza dei casi venissero rispettate le regole antisismiche, la capitale libanese potrebbe essere colpita in maniera massiccia da un terremoto (MEE/Laurent Perpigna Iban)

Più a sud, Shmuel Marco ha individuato diversi luoghi sensibili: tra il Mar Morto (situato tra Israele, Giordania e Palestina) e il lago di Tiberiade (in Israele), nonché vicino al Golfo di Aqaba.

“Un approccio è quello di cercare i punti caldi che non hanno avuto terremoti da molto tempo e dove la pressione si sta accumulando. Nel primo caso, l’ultimo grande terremoto risale al 1033, cioè mille anni segnati da un lento accumulo di pressione. Vicino al Mar Morto, l’ultimo risale al 1212, con uno inferiore al XV secolo»

Continua Shmuel Marco: “Possiamo imparare dal terremoto in Turchia: il luogo in cui si è verificato il terremoto non si è spostato dal 1157, su quella che viene chiamata la faglia dell’Anatolia orientale. Quindi, se non possiamo conoscere il momento esatto della rottura, è comunque possibile determinarne i luoghi.»

 “La capacità palestinese di affrontare un simile evento sono molto deboli. Soprattutto perché siamo sotto occupazione. Ci mancano le infrastrutture, non abbiamo un aeroporto, l’assistenza internazionale potrebbe impiegare dai tre ai quattro giorni per arrivare sul posto” – Jalal Dabbeek, Università an-Najah di Nablus

Quindi, dato che i precedenti gravi terremoti in Turchia e nel Levante si sono verificati ciascuno un migliaio di anni fa, la recente rottura sulla placca dell’Anatolia orientale è di cattivo auspicio per Libano, Israele e Palestina?

Gli specialisti sono unanimi: è un indice, ma nulla permette di affermarlo scientificamente.

“Forse con il terremoto in Turchia assisteremo a una ricomposizione del panorama regionale, ma è ancora troppo presto per saperlo”, dice Shmuel Marco.

In caso di terremoto a nord o a sud del Mar Morto, dovremmo aspettarci di vedere prima o poi città come Gerusalemme o Ramallah cancellate dalla carta geografica?

“Anche la geologia locale è importante. Le abitazioni costruite sulla roccia sono meno colpite rispetto a quelle costruite sul terreno. Sia Ramallah che Gerusalemme sono costruite su montagne, che dovrebbero essere relativamente sicure. D’altra parte, città come Ramleh e Lod [in Israele] potrebbero essere colpite molto duramente.»

Mancanza di preparazione

Il palestinese Jalal Dabbeek è categorico: un terremoto di questa portata sarebbe estremamente mortale in Cisgiordania.

“Le capacità palestinesi di affrontare un simile evento sono molto deboli. Soprattutto perché siamo sotto occupazione. Ci mancano le infrastrutture, non abbiamo un aeroporto, l’assistenza internazionale potrebbe impiegare dai tre ai quattro giorni per arrivare sul posto, e i giordani e gli israeliani sarebbero probabilmente sopraffatti dalla loro stessa situazione»

Il direttore del Centro per le scienze della terra e l’ingegneria sismica sottolinea anche “la scarsa conoscenza delle istituzioni e delle organizzazioni non governative in questo settore”.

“Soprattutto perché il compito sarebbe molto difficile con i tanti campi profughi. Non soffriamo solo di vulnerabilità fisica, ma anche sociale, economica, ambientale.»

Uno scenario che contrasta con le ultime anticipazioni israeliane: lo scorso anno Israele ha lanciato ufficialmente un sistema nazionale di allerta terremoti. Sebbene non sia “predittivo”, dovrebbe essere in grado di avvisare le persone che vivono relativamente lontane dall’epicentro e far risparmiare loro pochi secondi preziosi.

“Basterebbero per fermare un treno perché non deragli, mettere materiali pericolosi in luoghi sicuri, chiudere i tubi del gas e l’elettricità ad alta tensione per evitare una tragedia”, spiega Shmuel Marco.

Un vantaggio che però secondo il suo parere non fa di Israele un Paese pronto ad affrontare un grande terremoto, perché ha “una buona formazione per i soccorsi, ma poca preparazione”.

“Moltissimi edifici sono già deboli in Libano. Gli edifici costruiti dopo il 2013 rappresentano circa il 15-20% delle abitazioni edificate. È probabile che tutto il resto non sarà in grado di resistere a un forte terremoto. È molto preoccupante”.- Yehya Temsah, Università Araba di Beirut

“I codici sismici per la costruzione di edifici sono stati imposti solo nel 1995 e molte case più vecchie potrebbero non reggere. Non abbiamo istruito abbastanza le persone su cosa fare, le autorità hanno certamente paura di spaventare la popolazione”, ha detto.

In Libano, la saturazione della città, la costruzione su terreni di scarsa qualità e la pratica diffusa di aggiungere piani in modo anarchico aumentano notevolmente il rischio di danni in caso di terremoto.

“Abbiamo molte persone vulnerabili, soprattutto in alcuni quartieri di Beirut, nella regione di Tripoli e ad Akkar [nord del Paese], che hanno già edifici danneggiati dal tempo e dall’umidità. Le norme antisismiche che sono state imposte dallo Stato nel 2013 non sono state applicate ovunque, a causa dei costi che comportano”, si preoccupa Yehya Temsah.

Situazione che, nell’attuale contesto di uno stato fallito, sembra uno scenario di disastro: “Molti edifici sono già deboli. Gli edifici costruiti dopo il 2013 rappresentano circa il 15-20% dell’ambiente edificato. È probabile che tutto il resto non sarà in grado di resistere a un forte terremoto. È molto preoccupante», conclude.

 

Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” -Invictapalestina.org