Il razzismo dei coloni israeliani non è un’aberrazione. Fa parte di un sistema di apartheid

Molti critici del recente episodio anti-Arabo nell’insediamento di Yitzhar continuano a sostenere la discriminazione istituzionalizzata contro i palestinesi.

 

Fonte – English version

Di Ben White – 14 ottobre 2020

Foto di copertina: Un cartello all’esterno dell’insediamento di Yitzhar avverte gli arabi di non entrare

L’insediamento israeliano di Yitzhar, a lungo sinonimo di estremismo nazionalista e violenza anti-palestinese, è tornato a fare notizia, dopo che i residenti hanno eretto un cartello all’esterno dell’insediamento con la dicitura: “Questa strada conduce alla comunità di Yitzhar – L’ingresso per gli arabi è pericoloso.”

Come spiegato da Haaretz, l’atto è scaturito da un incidente avvenuto due settimane fa, quando “a un operatore sanitario arabo inviato per eseguire un test Covid-19 è stato rifiutato l’ingresso a Yitzhar”, secondo quanto riferito perché “era un arabo”.

In risposta, l’alto comandante israeliano per la regione “ha chiarito ai residenti di Yitzhar che devono consentire l’ingresso degli arabi”, provocando così in sfida l’erezione del cartello stradale di “protesta”. Le foto del cartello sono state rapidamente condivise su Twitter, suscitando indignazione e dissenso diffusi.

Per alcuni, il motivo per cui il cartello è diventato virale è che ha costituito un momento inaspettato in cui un sistema di segregazione è diventato brutale ed esplicito. Questo potrebbe essere parzialmente vero, ma rappresenta solo una parte della storia, come possiamo vedere dalla schiera di persone che hanno espresso disappunto per il cartello di Yitzhar.

I critici includevano, ad esempio, apologeti e persino partecipanti all’impresa di colonizzazione israeliana nella Cisgiordania occupata, come l’ex leader degli insediamenti e diplomatico israeliano Dani Dayan, che ha definito il cartello “razzista”.

Un colono della Cisgiordania, l’educatore Uri Pilichowski, ha dichiarato: “Sono un colono e ho trovato questo cartello spregevole”. Ha aggiunto in un post su Facebook: “Ogni gruppo ha le sue mele marce e la comunità dei coloni non è diversa”.

In modo significativo, Pilichowski ha concluso così il suo post: “Il mio unico sollievo è che Yizhar commette costantemente questi atti, il che mostra come tutte le altre comunità ebraiche in Giudea e Samaria [cioè gli insediamenti della Cisgiordania] non fanno mai queste cose”.

Da questo punto di vista, le azioni dei residenti di Yitzhar, anche se deplorevoli, in realtà diventano la prova della moralità del 99% dei coloni (si noti che l’idea di Yitzhar come eccezione, o anomalia, è una reazione comune quando si verificano questi tipi di incidenti).

Una storia di violenza 

In realtà, il razzismo dei coloni di Yitzhar può essere inteso solo come parte, piuttosto che estraneo o eccezionale, alle politiche storiche e contemporanee attuate e sostenute dalla leadership politica e militare di Israele, dalla magistratura e dalla maggioranza del popolo israeliano.

L’esclusione e l’allontanamento dei palestinesi dalla terra e dalle comunità attraverso la violenza, la legislazione e lo sfollamento, è parte integrante della storia di Israele, a cominciare dalle epurazioni commesse dai coloni sionisti pre-statali e dalla pulizia etnica della Nakba.

Oggi, il controllo israeliano della terra e delle risorse, a spese dei cittadini palestinesi, è assicurato attraverso varie leggi e meccanismi di pianificazione, incluso il rifiuto di permettere ai palestinesi sfollati di tornare nelle loro terre e il ruolo dei comitati di ammissione residenziale.

(foto) I coloni israeliani attaccano i contadini palestinesi vicino all’insediamento di Yitzhar il 7 ottobre (AFP)

 

Nella Cisgiordania occupata, nel frattempo, le autorità israeliane hanno a lungo escluso i palestinesi da ampie zone della regione, un confinamento che è inseparabile dalla colonizzazione del territorio implementata principalmente attraverso la creazione di insediamenti israeliani.

Come ha notato su Twitter l’esperto di insediamenti Dror Etkes, è il colmo dell’ipocrisia per qualcuno come Dayan condannare la trovata di Yitzhar quando, come documentato in dettaglio nel rapporto di Kerem Navot del 2015, le aree giurisdizionali degli insediamenti svolgono un ruolo fondamentale nella chiusura di aree della Cisgiordania sottratta ai palestinesi.

Il rapporto ha rilevato che quasi un terzo della Cisgiordania e più della metà dell’Area C sono state “designate come aree militari chiuse”, l’obiettivo principale è quello di “ridurre drasticamente la capacità della popolazione palestinese di utilizzare la terra e di trasferirne il più possibile ai coloni israeliani”.

“Minaccia demografica”

I coloni che disegnano graffiti razzisti sui muri delle case e moschee palestinesi sono condannati da alcune fasce della società israeliana, dai commenti dei lettori alle politiche strategiche nei confronti dei palestinesi.

Secondo l’indice annuale di razzismo e istigazione nei social media israeliani pubblicato da 7amleh, il 2019 ha visto un post razzista ogni 64 secondi. Nel frattempo, le comunità palestinesi nella Cisgiordania occupata sono descritte nelle riunioni del comitato della Knesset come un “virus” e un “cancro”.

I leader israeliani di alto livello abitualmente patrocinano, minacciano e disumanizzano i palestinesi su entrambi i lati della Linea Verde, con i politici del Likud da Gideon Saar al defunto Shimon Peres preoccupati dei “tassi di natalità” degli ebrei rispetto agli arabi o definendo i cittadini palestinesi una “minaccia demografica”.

Concentrarsi su attori come i coloni “estremisti” può essere necessario e importante, in particolare quando si tratta di evidenziare i violenti attacchi commessi contro i palestinesi e le loro proprietà, condotti nell’impunità e persino con la cooperazione attiva delle forze armate israeliane.

Tuttavia, è importante contestualizzare eventi come il cartello di Yitzhar in modo tale da non oscurare gli abusi pluridecennali e quotidiani subiti dai palestinesi per mano dello Stato di apartheid israeliano. Il parlamentare di Meretz ed ex generale dell’esercito Yair Golan è stato tra coloro che hanno condannato il cartello dei coloni di Yitzhar, chiedendo retoricamente: “È questo quello che vogliamo essere, uno stato razzista?”

Una tale risposta mostra che i momenti “trabocchetto” hanno la stessa probabilità di servire come opportunità di autocompiacimento morale da parte di coloro che disdegnano e prendono le distanze in modo performativo dal becero razzismo dei coloni, pur sostenendo la discriminazione e la segregazione istituzionalizzata la cui portata e impatto a confronto fa sembrare gli attivisti Yitzhar irrilevanti.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye.

Ben White è uno scrittore, giornalista e analista specializzato in Palestina / Israele. I suoi articoli sono apparsi ampiamente sui media internazionali, tra cui Al Jazeera, The Guardian, The Independent e altri. È autore di quattro libri, l’ultimo dei quali, ‘Cracks in the Wall: Beyond Apartheid in Palestine / Israel’ (Pluto Press), è stato pubblicato nel 2018.

Trad: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org

 

 

La foto a sinistra è stata scattata nel 1937 a Buckow nella Germania nazista. Il cartello all’ingresso della via sbarra il passaggio dicendo: attenzione “è proibito agli ebrei di respirare l’aria”.

La foto a destra è stata scattata qualche giorno fa all’ingresso di un insediamento illegale israelo-sionista dello stato ebraico in terra palestinese dove un cartello tuona e minaccia: attenzione,

“l’entrata per gli arabi è pericolosa!”

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