Ecco perché il movimento di protesta di massa di Israele non porterà mai al cambiamento

 Anche se raramente riportato negli Stati Uniti, migliaia di persone scendono in piazza ogni settimana in Israele chiedendo che Netanyahu si dimetta, ma gli accordi di coalizione attentamente predisposti e la realtà politica nel paese promettono di mantenerlo al posto di Primo Ministro per il prossimo futuro.

Fonte – English version

Di Miko Peled – 26 ottobre 2020

Foto di copertina: Manifestanti israeliani cantano slogan durante una protesta contro il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu a Gerusalemme, 14 ottobre 2020. Sebastian Scheiner | AP

Dal novembre del 2019, gli israeliani protestano per chiedere le dimissioni dell’incriminato primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Dalla primavera del 2020, queste proteste sono aumentate fino al punto in cui migliaia di israeliani scendono in piazza ogni settimana per chiedere le sue dimissioni. Tuttavia, Netanyahu, che è al potere da oltre un decennio, non si dimetterà.

Democrazia?

Un sistema in cui un politico può rimanere al potere anche dopo aver perso un’elezione difficilmente può essere definito democratico. In Israele, tuttavia, ciò è accaduto più volte negli ultimi dieci anni. Il Primo Ministro Netanyahu ha perso le elezioni molte volte e attraverso compromessi e stratagemmi, è stato in grado di creare coalizioni che lo hanno mantenuto al potere.

Durante le ultime elezioni, ha creato uno sconvolgimento che è stato probabilmente il più impressionante di tutti. Era chiaro che lo schieramento dell’opposizione guidato dall’ex capo delle Forze Armate Israeliane, il generale Benny Gantz, aveva una solida maggioranza. Eppure, anche allora, Netanyahu riuscì a far capitolare Gantz all’ultimo minuto e riuscì a formare un governo con Ganz già precedentemente suo ministro della Difesa.

With No End in Sight, Israel’s Election Soap Opera Rages On

Mentre Netanyahu affronta accuse di corruzione e gli arabi diventano un prevedibile capro espiatorio, la fiction politica in Israele è appena iniziata.

MintPress News | Miko Peled | 22 novembre 2019

Dopo quelle fatidiche elezioni e l’umiliante capitolazione del generale delle Forze Armate Israeliane in pensione Benny Gantz, che, tra l’altro, ha promesso agli elettori che non avrebbe mai servito in un governo guidato da Netanyahu, gli israeliani sono scesi in piazza. L’incriminazione di Netanyahu, insieme all’enorme impatto del coronavirus e all’incapacità del governo israeliano di controllare la diffusione della pandemia, ha provocato disordini civili che in Israele non si erano mai verificati.

Tuttavia, anche se migliaia di persone sono scese in piazza settimana dopo settimana, ci sono stati pochi resoconti sulle proteste negli Stati Uniti e nessun impatto su Netanyahu, che è protetto dagli accordi di coalizione e da una realtà politica che gli assicura di rimanere al posto di Primo Ministro.

Proteste in tutto il paese

Il fulcro del movimento popolare è stato un presidio di protesta di fronte alla residenza del primo ministro a Gerusalemme in Balfour Street. Il quotidiano israeliano Haaretz riferisce che i manifestanti sono scesi in piazza in tutto il paese. In un caso, circa 200 manifestanti anti-Netanyahu hanno marciato per otto giorni dalla città di Kiryat Tivon, nel nord, al presidio di protesta, “ricevendo più di 100 sanzioni dalla polizia per aver violato le norme di salute pubblica lungo il percorso”.

 

Protesters march during a demonstration against Prime Minister Benjamin Netanyahu in Tel Aviv, Israel, Tuesday, Oct. 6, 2020, during a nationwide lockdown to curb the spread of the coronavirus. Protesters called for gatherings across Israel against Netanyahu, pressing ahead with their campaign against the Israeli leader after the government banned large, centralized demonstrations as part of a new coronavirus lockdown. (AP Photo/Ariel Schalit)

Il governo ha cercato di usare i regolamenti di emergenza per limitare le proteste, e la polizia israeliana ha usato le maniere forti contro i dimostranti senza alcun risultato. Ci sono notizie di arresti, uso di gas lacrimogeni e persino granate dirompenti lanciate contro i manifestanti, che tuttavia continuano a violare i regolamenti e manifestare senza permesso.

Manifestanti anti-Netanyahu che brandiscono manifesti decorati con gli slogan “Crime Minister”, “Bibi Go!”  e “We are the Hope” stanno da un lato della strada mentre i gruppi pro-Netanyahu, molto meno numerosi, ma più rumorosi e inclini alla violenza, stanno dall’altro. Si sentono spesso gruppi pro-Netanyahu gridare: “traditori” e “Non sei ebreo”, alle loro controparti dall’altro lato della strada.

 

Violenza contro gli ebrei Ultra-Ortodossi

L’odio per le comunità ebraiche ultraortodosse, da non confondere con i gruppi sionisti ortodossi che praticano un tipo di giudaismo completamente diverso, è comune tra gli israeliani. Non diversamente dalle loro controparti negli Stati Uniti, sono più vulnerabili al coronavirus e sono stati duramente colpiti dalla pandemia. In molti casi, sono stati accusati di non seguire le direttive di sicurezza.

Gli ebrei ultra-ortodossi, in generale, rifiutano lo Stato di Israele e comprensibilmente diffidano delle istituzioni statali. Israele li ha perseguitati fin dalla sua fondazione e l’inimicizia tra il governo e le comunità ultraortodosse ha una storia lunga e violenta.

L’arrivo del COVID-19. La comunità ultraortodossa rifiuta Internet, la televisione e qualsiasi altra forma di comunicazione che non provenga dall’interno della comunità. Molti si rifiutano ancora di parlare l’ebraico e usano solo lo yiddish. La socializzazione è una parte fondamentale della loro vita, sia durante lo studio, la preghiera, le riunioni di famiglia o i grandi raduni della comunità come matrimoni o altre feste.

The Zionist Underpinnings of Israel’s Violent Crackdown on Haredi Jews 
 Il governo di Israele ha cercato a lungo di laicizzare con la forza gli ebrei Haredi, rendendoli particolarmente vulnerabili al coronavirus.
MintPress News | Miko Peled | 13 aprile 2020

Lo stato, che per decenni ha interferito con lo stile di vita che hanno scelto nel tentativo di laicizzarli e trasformarli in soldati sionisti, ora invia la polizia in tenuta antisommossa nelle loro case, sinagoghe e ritrovi della comunità, cercando ancora una volta di negare loro il diritto riunirsi, pregare e festeggiare. Nessuno sforzo è stato fatto per raggiungerli e fornire loro le informazioni necessarie per rimanere al sicuro, e gli scontri con la polizia sono semplicemente terrificanti.

Le proteste all’interno di queste comunità sono esplose e la polizia sta usando ogni forma di brutalità, compresi violenti pestaggi, gas lacrimogeni e cannoni ad acqua per reprimerle. I manifestanti sono stati persino investiti dai veicoli della polizia. Come prevedibile, il successo del governo israeliano nel ridurre la diffusione del virus all’interno di questa comunità è stato misero.

Nessun bilancio

Per quanto possa essere difficile crederlo, e anche se Israele ha tenuto tre elezioni in meno di due anni, si parla già di nuove votazioni.

Il quotidiano israeliano Maariv riferisce che Netanyahu sta ostacolando gli sforzi per approvare un bilancio, lasciando le agenzie governative nell’incertezza di quali saranno i loro bilanci per il 2021. I membri della coalizione di Netanyahu sono giustamente nervosi e chiedono che venga approvato un bilancio per il 2020-2021. Netanyahu, d’altra parte, non ha fretta. Sta temporeggiando il più possibile e preferisce, invece di impegnarsi in un bilancio,  stanziare fondi ai suoi complici in base al loro appoggio. Inoltre, il caos agevola Netanyahu, e si ipotizza che voglia indire presto nuove elezioni e dare la colpa ai suoi alleati nel governo di coalizione.

Tel Aviv, Israele, giovedì 8 ottobre 2020: un poster strappato raffigurante il primo ministro Benjamin Netanyahu giace in fondo a una fontana.

Il malfunzionamento delle istituzioni statali israeliane era già evidente prima del COVID-19. Ora, le agenzie governative funzionano ancora meno, con l’assistenza sanitaria e l’istruzione prossime al collasso. A ciò si aggiunge la mancanza di stabilità economica, o addirittura di un piano finanziario, e, secondo Maariv, Netanyahu ha la scusa per indire nuove elezioni.

Se c’è una cosa su cui Netanyahu sa di poter contare, è il supporto dello “Schieramento della Destra Sionista.” Questo “Schieramento” è composto da coloni della Cisgiordania, partiti “religiosi nazionali” e altri neofascisti. Hanno un programma estremista, possono fare affidamento su Netanyahu per soddisfare ogni loro obiettivo e desiderio e chiedono apertamente di cacciare i palestinesi fuori dalla Palestina, distruggere la Spianata delle Moschee e costruire un tempio per sostituire la Moschea di Al-Aqsa. È un programma che Netanyahu è felice di perseguire. In effetti, uno dei suoi ministri di gabinetto, Rafi Peretz, ministro degli Affari di Gerusalemme, fa parte del movimento per costruire il “Terzo Tempio”.

Netanyahu Rubs Noses with Israel’s Far Right –  Grazie a una folle corsa a destra all’interno dei partiti politici israeliani, Netanyahu è ora alleato con il gruppo più estremista sulla scena politica israeliana. MintPress News | Miko Peled | 26 febbraio  2019

Forse è inutile precisarlo, ma nessuno dei sostenitori appartenenti allo schieramento di destra partecipa alle proteste anti-Netanyahu. In realtà, c’è almeno un gruppo che si presenta costantemente per interrompere le manifestazioni e scatenare la violenza. Questo gruppo, chiamato “La Familia”, è nato come tifoseria della squadra di calcio Beitar-Gerusalemme. Beitar ha la cattiva reputazione di formare bande estremiste violente e, naturalmente, i suoi membri sono sostenitori di Netanyahu.

Tutto porta al nulla 

Mentre i movimenti di massa possono, di volta in volta, portare a un vero cambiamento, è improbabile che ciò avvenga in Israele. Come negli Stati Uniti, dove le proteste anti-Trump e antifasciste portano a pochi cambiamenti politici immediati, il sistema politico israeliano ha creato una zona protetta in cui il posto di Netanyahu è sicuro.

Inoltre, le richieste (se così si possono chiamare) avanzate dai gruppi anti-Netanyahu affinché si dimetta sono deboli e hanno scarso appoggio politico.

A differenza del chiaro programma fissato dalla destra sionista e dai coloni sionisti religiosi, il cosiddetto “centro-sinistra” israeliano non ha un’agenda chiara, non ha principi reali e non ha la capacità di apportare cambiamenti. Sono deboli politicamente e non sono all’altezza di superare in astuzia l’uomo che ha dimostrato ripetutamente di essere il più grande manipolatore politico, Benjamin Netanyahu.

Miko Peled è un autore e attivista per i diritti umani nato a Gerusalemme. È l’autore di “The General’s Son. Journey of an Israeli in Palestine,” e “Injustice, the Story of the Holy Land Foundation Five.”

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di MintPress News.

Trad: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org

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