No alla sorveglianza speciale e alla censura per Eddi Marcucci

Tra quaranta giorni la Procura deciderà se revocare o no la sorveglianza speciale ad Eddi, a cui va tutta la nostra solidarietà, perché chi ha combattuto l’Isis non può essere considerata una criminale.

Lorenzo Poli – Invictapalestina.org -15 novembre 2020

Immagine di copertina: Eddi Marcucci (Foto: Rete Jin)

Il 12 novembre 2020, la Procura di Torino ha tenuto un’udienza per decidere se togliere la sorveglianza speciale ad Eddi Marcucci, assegnatele a causa della sua militanza ed arruolamento nelle YPJ (Unità di Protezione delle Donne) a fianco della rivoluzione curda in Rojava contro l’Isis.

La sorveglianza speciale è una misura di prevenzione, e non penale, che limita la libertà delle persone senza che queste abbiano commesso alcun crimine, bensì sulla base di sospetti futuri. Viene applicata nel momento in cui una Corte riconosce nella persona proposta un individuo portatore di pericolosità sociale. La misura alla quale Eddi è sottoposta prevede il ritiro di passaporto e patente; la sua carta di identità è stata invalidata per l’espatrio; non può partecipare o prendere parola ad eventi e manifestazioni pubbliche; non può lasciare la sua abitazione tra le 21 e le 7 del mattino; non può frequentare locali pubblici dopo le 18; deve sempre portare con sé il libretto rosso su cui vengono annotati i suoi spostamenti.

Ad Eddi era stata assegnata il 17 marzo 2020 e nell’ultima udienza il Procuratore Generale ha fatto capire di considerarla ancora un pericolo per la società. La Procura ha affermato che questo processo è nato dai fatti accaduti in Siria, ma le misure che ne derivano sono state stabilite in base a fatti precedenti, accaduti sul territorio italiano, e attinenti alla sua militanza nei movimenti antagonisti torinesi e nel movimento NoTav. Quindi, secondo il tribunale, Eddi era già pericolosa da prima e il suo arruolamento nelle YPJ  ha costituito solo un’aggravante.

Come ha spiegato la stessa Eddi su Facebook, il Procuratore Generale ha fatto capire che secondo il suo giudizio, lei ha una mentalità da soldato, e ora è pure addestrata per farlo, affermando che “è un conto avere davanti un tisico, piuttosto che un marò”. Commento che secondo la stessa Eddi esprime sia la mancata inerenza del paragone da cui ne deriverebbe la sua “pericolosità sociale” , sia l’errore di mettere sullo stesso piano le YPJ e un qualsiasi esercito nazionale. Questo sottolinea come i giudici ignorino completamente ciò di cui parlano: c’è una grande differenza tra un esercito rivoluzionario di autodifesa e di resistenza, rispetto ad un esercito nazionale finalizzato ad interventi e ed attacchi imperialistici. Ridurre le YPJ ad un addestramento militare, significa  tralasciare la portata rivoluzionaria di queste unità di autodifesa delle donne, che difendono un progetto sociale anticapitalista e anti-patriarcale, ovvero quello del confederalismo democratico in Rojava, dall’avanzata coloniale della Turchia e da quella fondamentalista wahabita dell’Isis.

Gli eserciti degli Stati nazione e gli eserciti di resistenza differiscono per obiettivi e per significato, infatti nelle YPG e nelle YPJ non c’è ambito militare che sia staccato da un processo politico rivoluzionario. Evidentemente la Procura non conosce la situazione che si vive nella Siria del Nord e non sa cosa voglia dire avere la lotta armata come unica soluzione di difesa all’ingiustizia. Secondo la procura i fatti avvenuti prima e dopo l’arruolamento di Eddi nelle milizie curde, sarebbero inoltre dei “reati spia”, ovvero reati che implicano una recidività. La Procura ha spiegato che “i rapinatori dopo che hanno svaligiato una banca sono più propensi a passare in auto con il rosso”. Un altro paragone non proprio azzeccato, poco inerente al discorso e ai limiti del ridicolo.

Non solo, il giorno dopo l’udienza al Tribunale di Torino, i profili Instagram e Facebook di Eddi, dopo che erano stata inondati di messaggi di solidarietà contro la Sorveglianza Speciale, sono stati oscurati. Un vero e proprio atto di censura di cui non si conoscono le specifiche motivazioni, esattamente come ad ottobre e novembre dell’anno scorso vennero oscurate da Facebook tutte le pagine di solidarietà internazionalista verso il Rojava.

Nonostante ciò in questi mesi Eddi, privata della possibilità di parlare in pubblico, ha potuto continuare a fare informazione sulla rivoluzione curda nella  Siria del nord-est e A far conoscere la sua vicenda tramite i social network, denunciando l’assurdità della misura a cui è sottoposta, e ribadendo l’importanza di lottare per la libertà da ogni forma di oppressione e per un mondo in cui la libertà delle donne, la difesa e l’autonomia dei territori siano centrali.

Tra quaranta giorni la Procura deciderà se revocare o no la sorveglianza speciale ad Eddi, a cui va tutta la nostra solidarietà, sperando che nel frattempo i suoi profili social siano ripristinati, perché chi ha combattuto l’Isis non può essere considerata una criminale.

 

 

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