Decolonizzare l’immaginazione palestinese

Il nuovo libro dell’artista Steve Sabella, “Palestine Unsettled” (Palestina Rivisitata), libera l’immagine della Palestina dai confini delle convenzionalità mediaticche e della propaganda israeliana.

Fonte: English version

Di Mati Shemoelof – 1 ottobre 2022

Immagine di copertina: Una pagina dal libro di Steve Sabella “Palestine Unsettled” (Immagine per gentile concessione di Steve Sabella)

“Volevo liberare l’immagine della Palestina tenuta in ostaggio dalla macchina mediatica israeliana, creando nuovi significati e connotazioni”, afferma l’artista palestinese Steve Sabella a proposito del suo nuovo libro, Palestine Unsettled. Il fotolibro comprende 130 immagini uniche scattate in Palestina durante la Seconda Intifada e ha ottenuto una sovvenzione dal prestigioso Fondo Arabo per le Arti e la Cultura. Sabella riassume così la sua premessa: “Ad un certo punto della mia vita, come persona che ha vissuto sotto l’occupazione israeliana, mi sono reso conto che Israele colonizza non solo la terra ma anche l’immaginazione delle persone. Questo mi ha portato a parlare della colonizzazione dell’immaginazione e di come nella realtà e nella pratica, la ricerca dovrebbe diventare quella di liberare prima la mente, decontaminando le immagini che abbiamo di noi stessi, liberandole”.

In una giornata luminosa ma fredda della terza settimana di settembre, ho visitato lo studio di Sabella nel colorato quartiere berlinese di Prenzlauer Berg per discutere del suo nuovo libro. Ma in qualche modo, abbiamo prima parlato delle nostre ambizioni, come mediorientali diasporici, di ottenere la cittadinanza tedesca e di come sfuggire al prossimo freddo inverno tedesco.

Sabella, con i suoi lunghi capelli neri e vestito di nero, mi porge poi una copia di Palestine Unsettled. Vedo che nel libro non sono presenti né prefazione né epilogo. Sulla copertina del libro c’è una foto del porto di Gaza, alcuni dei pescherecci a terra, altri in acqua. La fotografia è come un dipinto, che disegna dinamicamente linee blu e arancioni. “È un viaggio fotografico senza testo, parola, didascalia o data, fatta eccezione per una dedica in arabo. Le immagini fluttuano nel tempo e nello spazio, una dopo l’altra, da una dimensione all’altra”, spiega.

Tuttavia, ha dedicato il libro allo scrittore palestinese in esilio Mohammed Al-Asaad, autore del romanzo: Children of the Dew (I Figli Della Rugiada). E spiega: “Il mio primo incontro con Mohammed Al-Asaad è stato attraverso il mio libro di memorie The Parachute Paradox (Il Paradosso del Paracadute), che ha iniziato a tradurre volontariamente in arabo. Per caso ho scoperto il suo capolavoro Children of the Dew e senza il suo permesso, sentendolo come un dovere, ho iniziato a tradurlo in inglese. Children of the Dew parla di quella fatidica notte in cui la Palestina è diventata Israele in un batter d’occhio. Sotto molti aspetti, il mio libro fa luce su ciò che è successo dopo”. Le storie si fondono.

Sabella ha un modo speciale di cogliere e ricreare la bellezza, anche in una realtà tragica dove c’è un assedio attivo su Gaza. Sabella spiega: “La Palestina è la terra della bellezza e dell’immaginazione”. Tuttavia, le persone che vedono il libro non avranno alcuna informazione su ciascuna foto. Cosa penseranno?

Il libro contiene molte foto di bambini. Sembra che Sabella voglia proteggere i bambini palestinesi, come in una fotografia in cui si vede un padre che tiene in braccio il figlio, al checkpoint di Qalandia. Proprio sopra di loro c’è il fucile puntato di un soldato israeliano. In un’altra foto, l’F16 israeliano che di solito bombarda la Palestina sembra trasformarsi in un colorato aquilone che taglia il muro dell’Apartheid e dà un futuro diverso ai bambini palestinesi. E ancora un’altra foto mostra giovani attori del teatro Ramallah in piedi sul palco davanti a un artistico muro di separazione fatto di un tessuto a rete come una parete invisibile.

Sabella cattura il modo in cui gli israeliani hanno dipinto di marrone il muro di separazione per fonderlo con la terra e nasconderne l’esistenza ai coloni che vi guidano accanto. Egli commenta: “Molte persone vennero e conquistarono la Palestina, per cosa saranno ricordati gli israeliani, quando il loro impero crollerà? Per aver costruito sulla terra la struttura più ignobile del mondo?”

Mentre girava per fare le foto di questo libro, Sabella si è mosso liberamente tra Israele, Gaza e la Cisgiordania. “Sono uno dei pochi palestinesi durante questo periodo che ha avuto accesso all’intera Palestina poiché, come sapete, i palestinesi di Gaza sono intrappolati e gli abitanti della Cisgiordania hanno molte restrizioni, non gli è nemmeno permesso mettere piede a Gerusalemme. Poiché lavoravo con l’ONU e avevo la tessera stampa, potevo entrare a Gaza e altrove. Conosco molto bene Gaza. Sono stato persino rapito laggiù. Ho la fortuna di avere una prospettiva a cui non molte persone hanno avuto accesso e sento sempre di dover condividere conoscenza e visione”.

In una delle foto riconosco il porto di Jaffa dove ho vissuto prima di emigrare a Berlino. Sabella spiega: “C’è uno scatto dal porto di Jaffa per ricordarlo alla gente di tutta la Palestina”.

Gli chiedo della ruota panoramica che è apparsa in una delle foto, e lui mi dice che era stata allestita a Gaza e poi colpita e distrutta dai bombardamenti israeliani durante la Seconda Intifada dai caccia israeliani F16. La ruota panoramica, a mio parere, cattura il modo in cui l’ordine politico e teologico può girare, e c’è un’altra opportunità per salire per chi ora sta sotto. Sabella spiega: “La ricerca palestinese è sempre stata quella di abbracciare la vita, qualcosa che ho provato vagando per le strade della Palestina ed entrando in molte case distrutte. I palestinesi, come tutti gli altri popoli, vogliono vivere. Queste foto sono una celebrazione della vita”. L’idea di Sabella è quella di fuggire dalla consuetudine delle immagini che abitualmente ci vengono mostrate dai media israeliani e internazionali sulla Palestina.

Ora seduto nel centro di Berlino, con il clima che diventa sempre più freddo, guardo tristemente alcune foto che mostrano i palestinesi sulla spiaggia del Mediterraneo. Sabella spiega: “Fino a poco tempo, ai palestinesi non era permesso raggiungere la spiaggia. Ho un amico nato a Rafah, non lontano dal mare, che non ha mai visto il mare perché gli insediamenti israeliani bloccavano la riva. Per me questo è assurdo”.

Dopo aver guardato più di due terzi del libro, sento quell’elevazione dell’anima soprattutto dalle foto dei ricami tradizionali delle donne palestinesi, posti accanto alle foto dell’arabesco del Duomo della Roccia: le linee quasi convergono. Sabella continua quella linea di pensiero: “Volevo invitare o guidare il pubblico in un viaggio attraverso la Palestina che sfida e rivede le loro aspettative, creando connessioni accattivanti”.

Mati Shemoelof è uno scrittore e poeta israeliano residente in Germania.

Tutte le immagini sono di Steve Sabella

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org