“Combattiamo insieme per i diritti umani, per un Paese che sia democratico per tutti i suoi cittadini”.

Ahmed Abu Artema, uno degli organizzatori della Great Return March a Gaza, risponde all’obiettore di coscienza israeliano Hillel Garmi, il quale ha dichiarato che la sua decisione di rifiutare il servizio militare è in parte ispirata agli atti di disobbedienza civile di Artema.

Ahmed Abu Artema – 19 settembre 2018

Copertina: manifestanti di Gaza durante le dimostrazioni della Marcia del Grande Ritorno di marzo, al confine con Israele – 8 giugno 2018. (Activestills.org)

Grazie, Hillel. Ci hai dato speranza.

La moralità di una posizione non è misurata da quanto rispecchia l’opinione popolare, ma dal suo particolare vantaggio. Nel corso della storia, coloro che non sono scesi a compromessi con la loro morale sono stati quelli che hanno avuto più peso e che hanno ispirato gli altri, anche se erano soli a confrontarsi con le prospettive più condivise. Quando una persona decide di assumere una posizione etica, risponde alla chiamata della sua umanità e si riconcilia con le ragioni per cui siamo nati in questo universo, anche se ciò è a discapito del suo benessere personale.

Caro Hillel, ho letto la tua lettera e ho visto il tuo video su YouTube. Hai acceso un sentimento di speranza nel mio cuore, la speranza che ci possa essere una base su cui costruire una realtà più giusta e più umana tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo – una realtà che non deriva la sua legittimità dal numero di persone che al momento credono possa essere costruita, ma dal fatto che sia più realizzabile e più vicina ai valori della giustizia e dell’uguaglianza, una realtà che si basa sul rispetto degli uomini e delle donne, piuttosto che sulla loro esclusione.

La tua decisione contribuirà a porre fine a questo oscuro periodo inflitto ai Palestinesi e, allo stesso tempo, attenuerà le paure delle giovani generazioni israeliane che sono nate in una situazione complicata e in un’area geografica turbolenta priva di sicurezza e di pace.

I Palestinesi non stanno cercando di spingere gli Israeliani in mare, e gli Israeliani non possono ignorare che ci sono più di 10 milioni di Palestinesi che continuano a sognare il giorno in cui vivranno in libertà e in cui potranno tornare alle case da cui sono stati cacciati con la forza nel 1948. Possiamo scegliere tra due opzioni, non ce n’è una terza: o ci accordiamo su un compromesso basato su un’esistenza condivisa in conformità con i diritti umani e l’uguaglianza, o continuiamo con questo stato d’instabilità per altri 70 anni.

Bambini palestinesi giocano in un’auto che, secondò testimoni, è stata danneggiata durante un’offensiva israeliana di sette settimane a Khuza’a, a est di Khan Younis, nella striscia meridionale di Gaza, il 19 ottobre 2014. (Abed Rahim Khatib / Flash90 )

Caro Hillel, sono cresciuto nella Striscia di Gaza, dove mio nonno cercò rifugio dopo essere stato cacciato con la forza dalla sua città natale, Ramleh. Invidio la tua capacità di visitare Ramleh con facilità, mentre io non ho potuto attraversare il valico di Beit Hanoun neppure una volta nella mia vita. Fin da bambino ho visto soldati israeliani che sparavano ai miei vicini e parenti, arrestandoli, demolendo le loro case e imponendo un coprifuoco che ci imprigionava nelle nostre case per giorni, a volte per mesi .

Quando sono cresciuto, la violenza si è intensificata: le case non sono state più distrutte dai bulldozer, ma dalle bombe lanciate dagli F-16, il numero delle vittime è salito da centinaia a migliaia e i carri armati hanno sostituito le jeep [dell’esercito]. Nel 2005 [in seguito al disimpegno di Israele da Gaza], l’esercito israeliano si riposizionò lungo la Striscia, pose l’assedio e chiuse tutti i valichi, impedendo ai Palestinesi di muoversi liberamente per terra, mare e cielo. Negli anni seguenti, lanciò tre guerre, in cui furono uccisi oltre 3.500 Palestinesi.

Mio caro Hillel, a scuola ho imparato la legge di Isaac Newton, che afferma che ogni azione ha una reazione uguale e contraria. Negli ultimi 70 anni, il popolo palestinese è stato sottoposto a sfollamenti forzati, occupazione, insediamenti illegali , uccisioni, detenzioni e assedio. È possibile che, dato tutto ciò, il governo israeliano si aspetti ancora sicurezza e stabilità? Sì, i Palestinesi sono militarmente ed economicamente più deboli, ma tenerli in questa situazione – che è contraria alla giustizia e ai diritti umani – oltre che privarli della speranza, condurrà certamente a una reazione. Rafforzerà l’instabilità e priverà Israele dalla possibilità di essere uno Stato normale che investe le sue risorse nelle scoperte scientifiche e nella prosperità economica.

Caro Hillel, siamo ora nel 2018, quando la coscienza umana non può più comprendere e accettare parole come la persecuzione razziale, l’occupazione e l’umiliazione di una nazione da parte di un’altra. Il mondo oggi è posizionato in modo da essere più aperto e culturalmente ed economicamente interconnesso. I muri che dividono le persone e le culture sono in frantumi. L’esistenza di un Paese che erige muri di cemento per imprigionare gruppi etnici diversi è uno spettacolo inquietante, che non si adatta allo spirito del nostro tempo.

Credo che la soluzione sia vicina e sia possibile. Non richiederà che il coraggio di prendere l’iniziativa e di costruire una nuova prospettiva, dopo che le soluzioni tradizionali non sono riuscite a raggiungere un accordo giusto. Combattiamo insieme per i diritti umani, per un Paese che sia democratico per tutti i suoi cittadini e perché Israeliani e Palestinesi possano vivere insieme sulla base della cittadinanza e dell’uguaglianza, non della segregazione e del razzismo.

So che ci sono molti ostacoli per raggiungere questa soluzione, ma vale la pena che tutti coloro che sono liberi di lottare per il suo raggiungimento lo facciano, vale la pena che noi vi dedichiamo le nostre vite mortali , perché è l’alternativa più umana e giusta. È anche la più ragionevole, perché non consentirà né ai Palestinesi né agli Israeliani di negare l’esistenza dell’altro. Come ho imparato dal Corano: ciò che avvantaggia tutti rimane sulla terra, il resto svanirà come schiuma.

Ahmed Abu Artema è un giornalista palestinese e attivista per la pace. È uno degli organizzatori della Great Return March a Gaza. Questa lettera è stata tradotta dall’arabo e pubblicata per la prima volta in ebraico su “Local Call”.

 

Trad:Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” Invictapalestina.org

Fonte:https://972mag.com/artema-gaza-return-march-garmi-draft-objector/137824/

 

 

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