I maiali del Kibbutz Lahav: guardateli e vedrete Israele

…c’erano villaggi beduini i cui abitanti furono espulsi sulle colline di Hebron e nel Sinai. Nemmeno Israele ha mai sentito il loro grido, proprio come le urla dei maialini, che avrebbero dovuto lacerare la coscienza morale dei precursori socialisti del Kibbutz Lahav.

Fonte – English version

Di Gideon Levy – 19 Aprile 2020

I maialini del Kibbutz Lahav urlano di dolore. “I lamenti lancinanti, sottili, isterici emessi dai maialini appena nati, echeggiano in una stanza che sembra una galera stretta e buia, illuminata da una luce rossa artificiale, dove i lavoratori, seduti, castrano e tagliano le code con una speciale forbice.” (Edizione ebraica di Haaretz, 10 aprile).

La descrizione non può lasciare nessun lettore indifferente. Ma il direttore commerciale del kibbutz, Yossi Cohen, era in realtà imperturbabile a questa descrizione, che come egli ha detto è la “prassi ordinaria”. La rendicontazione sul mattatoio era illegale, ha detto. I’indagine dovrebbe essere diretta contro il 95% degli israeliani che mangiano carne, non contro il suo kibbutz; a Lahav ci sono brave persone, scrisse (edizione ebraica di Haaretz, 17 aprile).

Al Kibbutz Lahav ci sono davvero brave persone. Ne conoscevo due, il defunto Tamar Golan e Haim Oron, e nessuno merita quella descrizione più di loro. Lahav è un kibbutz gestito con tutte le buone intenzioni. Ma in un posto dove ci sono buone intenzioni e brave persone, si commettono i crimini più terrificanti. Nel 2020 non dovrebbe essere necessario spiegare che la tortura degli animali indifesi è come la tortura degli esseri umani.

Vorreste vivere in un quartiere con un patibolo o un mattatoio? Potreste tapparvi le orecchie udendo le urla strazianti degli animali torturati? Apparentemente si. Gli israeliani sono abituati a vivere nella repressione e sono impermeabili a ciò che viene fatto in nome loro e nel loro cortile, le urla dei maialini o il pianto dei bambini rapiti dai loro letti nel cuore della notte.

Guarda Lahav e vedi Israele. Entrambi convivono tranquillamente con queste azioni.

È impossibile essere umani e tacere di fronte alla tortura degli animali, così come è impossibile combattere per i diritti umani e restare in silenzio mentre gli esseri umani vengono torturati. Il tentativo del manager nel kibbutz di scaricare la responsabilità morale della tortura dei maiali sul 95 percento degli israeliani che consumano carne è tipico. Siamo tutti responsabili quando il Kibbutz Lahav pratica la caudectomia sui maialini. Siamo tutti responsabili quando “il maialino si trascina sulle zampe anteriori in un angolo per sfuggire alla rapida cattura del castratore. Le zampe posteriori sono paralizzate. Uno di loro trascina una gamba, gonfia come un pallone, alcuni si contorcono convulsamente. Un lavoratore viene visto sollevare un maiale e sbattergli la testa a terra, ripetutamente. Quindi viene rigettato nel box, mentre ancora si contorce.” Siamo tutti responsabili del nostro silenzio e del consumo di carne, ma tutto ciò sta accadendo a Lahav e Cohen non ci vede nulla di male. Sta lavorando secondo le regole.

Il presunto “crimine” di Glass Walls, l’organizzazione che ha documentato ciò che sta accadendo a Lahav, è l’azione più importante e legittima che può essere intrapresa in questo momento. Come per altre ingiustizie e crimini, la consapevolezza determina l’esperienza. La maggior parte dei consumatori di carne non è consapevole di ciò che sta accadendo nel settore che gli porta in tavola la bistecca. Il peggio non è come e dove vivono gli animali, ma piuttosto la sofferenza che accompagna la loro breve esistenza, che dovrebbero sconvolgere chiunque abbia una coscienza. La tortura metodica, dal momento in cui nascono fino alla loro macellazione, è il crimine. La morte è in realtà il momento meno atroce della loro vita, forse l’unico.

Quando molti più israeliani sapranno cosa sta succedendo nell’industria della carne, ne limiteranno o ne cesseranno completamente il consumo, così come possiamo credere che quando sapranno di più su ciò che sta accadendo nei territori occupati, si opporranno ancora di più. Ma noi difendiamo noi stessi: la documentazione è un crimine. Non si deve mostrare ne parlare, di quello che sta succedendo nel mattatoio di Lahav né nel campo profughi di Khan Yunis di fronte.

Lahav è un kibbutz con molti riconoscimenti. L’app INakba, dell’organizzazione Zochrot, ci ricorda, tuttavia, che intorno al Kibbutz Lahav, prima della sua fondazione, c’erano villaggi beduini i cui abitanti furono espulsi sulle colline di Hebron e nel Sinai. Nemmeno Israele ha mai sentito il loro grido, proprio come le urla dei maialini, che avrebbero dovuto lacerare la coscienza morale dei precursori socialisti del Kibbutz Lahav.

 

Trad: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Protected by WP Anti Spam