Come due eventi apparentemente non correlati hanno posto il problema del razzismo di Israele

 

Un video virale che mostra una famiglia israeliana che deride dei bambini palestinesi beduini e un controverso editoriale del New York Times del famoso commentatore sionista Peter Beinart hanno messo in luce le fondamenta razziste del cosiddetto stato ebraico.

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Di Miko Peled – 15 Luglio 2020

Recentemente due eventi apparentemente non correlati hanno invaso i social media ed entrambi hanno ricevuto molta attenzione. Il primo è stato un articolo di Peter Beinart pubblicato sul New York Times in cui Beinart afferma di non credere più in uno stato ebraico e chiede uno stato binazionale con uguali diritti in Palestina. L’altro, un video che mostra una famiglia israeliana in auto avvicinata da due bambini Palestinesi. Abbassato il finestrino dell’auto si sente il padre chiedere ai figli in ebraico: “Chi vuole dare da mangiare a un beduino?” Nonostante i due eventi non sembrino correlati, c’è qualcosa di ugualmente inquietante in entrambi.

Una casa ebraica in Palestina

Si potrebbe pensare che la “rivelazione” vissuta da un altro sionista liberale, con accesso ai tradizionali canali d’informazione, debba essere celebrata. Finalmente, un altro noto ebreo americano è giunto alla conclusione che i palestinesi meritano uguali diritti nel loro paese. Tuttavia, leggendo l’articolo ci sono diversi elementi inquietanti che smorzano l’eccitazione.

Beinart condivide con i lettori: “Sapevo che Israele era fonte di conforto e orgoglio per milioni di ebrei”. Spiega che questo è il motivo per cui credeva nello stato ebraico. Si potrebbe sostenere che la schiavitù sia stata fonte di conforto e orgoglio per milioni di americani, ma sostenere la schiavitù è ancora ripugnante.

Peter Beinart, al centro,  dopo un dibattito all’Università di Washington Hillel, il 23 ottobre 2014. Foto | Joe Mabel

Continua descrivendo un sentimento condiviso da molti sionisti liberali.  “Un giorno nella prima età adulta, ho camminato per Gerusalemme, leggendo i nomi delle strade che segnano la storia ebraica e ho sentito quel conforto e orgoglio in me stesso”. Gerusalemme è stata una città araba per oltre mille anni. Nel 1948, i palestinesi a Gerusalemme furono sottoposti a una pulizia etnica totale e completa e non fu permesso a un solo palestinese di rimanere in città. Gerusalemme divenne quindi la capitale dello stato di Israele e i nomi delle strade, che documentavano da sempre la lunga e magnifica storia araba della città, furono cambiati.

“Sapevo che Israele negava ingiustamente ai palestinesi in Cisgiordania la cittadinanza, il giusto processo, la libera circolazione e il diritto di voto nel paese in cui vivevano”. E che dire dei diritti di milioni di palestinesi che languono nei campi profughi? Questo paese che ha dato a ebrei come lui un tale orgoglio sta negando a milioni di palestinesi il diritto di tornare nelle terre e nelle case da cui sono stati espulsi.

“Ma il sogno di una soluzione a due Stati che avrebbe dato ai palestinesi un proprio paese mi ha fatto sperare di poter rimanere un liberale e un sostenitore dello stato ebraico allo stesso tempo”. Questo era esattamente l’obiettivo che l’inganno della Soluzione a Due Stati era destinata a raggiungere. Permettere ai sionisti liberali di sostenere i crimini del sionismo e la creazione di uno Stato razzista in Palestina, pur sentendosi ancora in pace con se stessi.

L’idea che la Soluzione dei Due Stati darebbe ai palestinesi “un proprio paese”, è sconcertante. I palestinesi ce l’hanno un proprio paese, è la Palestina. Secondo lo storico Nur Masalha, la Palestina esiste da migliaia di anni prima della fondazione dello stato sionista il 15 maggio 1948.

La “rivelazione” vissuta dai sionisti liberali che all’improvviso si rendono conto di non poter avere entrambe le cose non è affatto una rivelazione. È un compromesso che gli permette di continuare a giustificare il loro atteggiamento condiscendente nei confronti dei palestinesi. Beinart non è diverso da un altro sionista liberale, Avram Burg, un sionista convinto che ha servito come oratore della Knesset e presidente dell’Agenzia Ebraica, e nel mezzo, ha tratto grande profitto dal commercio di armi israeliane. È un sionista in tutto e per tutto, eppure anche lui afferma che è tempo di un stato unico. In un articolo che ha scritto nel 2018, cita: “Dal 1967 Israele aveva occupato il territorio palestinese”. Non diversamente da Beinart, vede solo la Cisgiordania come territorio palestinese.

Chi vuol dare da mangiare a un beduino?

Un video inquietante è stato recentemente condiviso su TikTok da Roy Oz, noto anche come Roy Boy, un intrattenitore israeliano che conduce vari programmi per bambini. Nel video, una famiglia israeliana sta viaggiando comodamente in quello che sembra essere un SUV, con i figli piccoli sul sedile posteriore e i genitori davanti. Il padre, Roy Oz, sta guidando. Nel tragitto, due piccoli bambini beduini si avvicinano alla macchina. Il paesaggio è arido, come un deserto, e possiamo tranquillamente supporre che sia la regione del Naqab nel sud della Palestina.

 

Il padre abbassa il finestrino e porge un biscotto ai bambini beduini chiedendo ai suoi figli in ebraico: “Chi vuole dare da mangiare a un beduino?” Si rivolge ai bambini beduini in arabo e poi chiede di nuovo ai suoi figli, in ebraico: “Non vuoi dare da mangiare a un beduino, Ariel?” Uno dei due bambini beduini è più grande dell’altro e cede il biscotto al bambino più piccolo. Poi, il padre gira la telecamera, inquadrando i suoi figli e chiede di nuovo: “Vuoi dare da mangiare a un beduino? Non vuoi?” Lo sentiamo anche dire a se stesso, “sono così carini”, riferendosi ai bambini beduini.

Il padre si rivolge nuovamente ai bambini beduini e gli chiede in arabo quanti soldi vogliono. “Mille sicli?” chiede. “No, solo dieci” risponde uno dei bambini. “Solo dieci?” Il padre da disposizioni alla moglie che tutto punto scende dall’auto e passa una moneta a uno dei bambini.

Reazioni shock

Le reazioni di indignazione sono arrivate rapidamente dalle comunità palestinesi, che hanno chiesto scuse e spiegazioni. Alcuni hanno persino detto che questa era la peggiore espressione di razzismo che avessero mai visto. Ma non c’è nulla di scioccante in questo video perché questa era una normale famiglia della classe media israeliana che esprimeva ciò che innumerevoli israeliani esternano comunemente. Uno spaventoso razzismo e un condiscendente atteggiamento coloniale verso i bambini palestinesi, come vediamo nel video, è il fondamento su cui è stato istituito lo Stato di Israele che affligge tutta la società israeliana.

manifestanti partecipano a una manifestazione contro Israele che prevede l’annessione di parti della Cisgiordania –  Tel Aviv, il 6 giugno 2020. Sebastian Scheiner | AP

Senza un razzismo strutturale, sistemico e profondamente radicato, Israele non esisterebbe. Inoltre, senza questo atteggiamento di supremazia etnica, nessun pilota israeliano sarebbe in grado di premere il pulsante che rilascia le bombe che bruciano e straziano i corpi dei bambini palestinesi a Gaza. Nessun cecchino sarebbe in grado di premere il grilletto per uccidere e mutilare i palestinesi. È una parte essenziale dell’educazione sionista.

Molti israeliani avevano espresso il loro disappunto per questa espressione di razzismo. Tuttavia, a parte il loro dispiacere, questo non è nulla di nuovo o anormale. Non è diverso dall’episodio in cui un medico dell’esercito israeliano, che ha prestato il giuramento di salvare vite umane, ha giustiziato un palestinese ferito che giaceva a terra. L’accaduto è stato filmato ed è diventato virale, con conseguente corte marziale e punizione per il medico. Questo medico ha agito come è stato addestrato, come gli è stato insegnato, che una vita palestinese non ha nessun valore.

Affermare che i palestinesi hanno diritti all’interno di una società sionista è un sintomo della supremazia razzista sionista. Questo razzismo è ciò che consente a una famiglia israeliana di trattare dei bambini palestinesi come animali in un safari. È così che lo stato di Israele è stato in grado di continuare la Nakba, la distruzione sistematica e catastrofica della Palestina e del suo popolo per quasi cento anni.

Miko Peled è un autore e attivista per i diritti umani nato a Gerusalemme. È autore di “Il figlio del generale. Viaggio di un israeliano in Palestina” e “L’ingiustizia, la storia della Terra Santa Foundation Five”.

Trad: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org

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