L’assassinio di Shireen Abu Akleh segnerà una svolta nella liberazione della Palestina?

Questa particolare uccisione mirata di un giornalista, non la prima e purtroppo, probabilmente non l’ultima, ci ha toccati tutti. E la risposta delle istituzioni sioniste nella Gerusalemme occupata, così come a Washington, è fredda e piena di scuse.

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Di Miko Peled – 14 maggio 2022Immagine di copertina: manifestanti  in  una fiaccolata in onore della giornalista di Al Jazeera uccisa Shireen Abu Akleh ad Haifa, Israele, 11 maggio 2022. Ariel Schalit | AP

GERUSALEMME – Mentre scrivo, il mondo sta cercando di dare un senso al brutale assassinio della giornalista di Al Jazeera Shireen Abu Akleh, uccisa dalle forze israeliane mentre copriva l’ennesimo assalto israeliano a Jenin. Inoltre, le forze israeliane hanno attaccato anche il corteo funebre che conduceva Shireen alla sua ultima dimora. Viene da chiedersi perché qualcuno è sorpreso.

Quante volte abbiamo visto vittime innocenti? Quante volte abbiamo visto l’esercito israeliano attaccare i cortei funebri?  Eppure, per ragioni che forse non possono essere spiegate, stupore, tristezza e disperazione hanno pervaso tutti con questa uccisione in particolare. Questa  uccisione mirata di un giornalista, non la prima e purtroppo, probabilmente non l’ultima, ci ha toccato tutti. E la risposta delle istituzioni sioniste nella Gerusalemme occupata, così come a Washington, è fredda e piena di scuse.

Lo stesso giorno che si stava svolgendo a Gerusalemme il corteo funebre di Shireen, nell’antica città di Lyd si svolgeva una processione commemorativa. Questa manifestazione doveva commemorare l’omicidio di Musa Hassuna. È stato un anno fa a Lyd, mentre le bande di coloni stavano aggredendo i palestinesi della città, che Musa Hassuna venne assassinato. Questa processione, oltre ad essere un memoriale per l’uccisione, ha anche ricordato che le autorità israeliane hanno deciso di chiudere il caso contro gli unici sospetti che si trovavano sulla scena e che hanno sparato nello stesso luogo e nello stesso momento in cui Musa è stato ucciso. Fonti a Lyd affermano che il Ministro degli Interni israeliano ha chiamato il Procuratore Distrettuale locale per chiedere la chiusura del caso per motivi di autodifesa.

Naturalmente, sappiamo tutti bene che Musa e Shireen,  assassinati a un anno di distanza, non sono le uniche vittime della violenza sionista. A loro si aggiungono innumerevoli altri che, senza motivo né processo, sono stati sottratti ai loro cari, al loro popolo, e trasformati in martiri per la causa. Certo, ancora una volta siamo costretti a guardare in faccia la realtà e ad accettare che nessuno salverà la Palestina se non noi. Nessun altro può liberare la Palestina, nessuno può salvare i palestinesi dal lungo, violento e spietato braccio del regime di Apartheid sionista. Solo un’unità di intenti e un’agenda pro-Palestinese, pro-giustizia e pro-liberazione senza compromessi possono salvare la Palestina e il suo popolo dallo spargimento di sangue e dalla distruzione.

Guarda caso, avevo appena assistito proprio a tale unità, anche se su piccola scala. Chiunque cerchi un programma sulla Palestina che sia progressista e unificativo avrebbe dovuto essere a New York all’inizio di maggio del 2022. Al-Awda, la Coalizione Palestinese per il Diritto al Ritorno con sede a New York, ha tenuto la sua conferenza “Rising to Return” (Incoraggiamento al Ritorno) al Forum del Popolo di New York City quel fine settimana. L’energia, gli oratori, i volontari e persino i venditori hanno dimostrato tutti un’atmosfera di unità di intenti e di unità nella causa, dove  la causa è la liberazione della Palestina così come il totale rifiuto del sionismo e dello Stato di Apartheid sionista.

Segni di unità

Seduti fianco a fianco sotto i manifesti di Che Guevara e indossando magliette con l’immagine di Thomas Sankara, così come di altri combattenti per la giustizia, c’erano palestinesi, ebrei americani, comunisti, laici e religiosi, donne che indossavano l’hijab e rabbini ultra-ortodossi. Tutti erano lì per parlare e ascoltare, ma soprattutto per dimostrare sostegno alla causa Palestinese e chiedere la fine del regime di Apartheid in Palestina.

Manifestazione di lutto all’ospedale dove è stato portato il corpo di Shireen Abu Akleh, il 13 maggio 2022. Mahmoud Illean | AP

Contrariamente al malinteso comune riguardo al campo pro-palestinese, un messaggio chiaro e senza compromessi sulla Palestina riesce ad unire persone di origini, fedi e persino affiliazioni politiche diverse. È difficile pensare a qualsiasi altra questione su cui tutti questi gruppi possano trovare un terreno comune. Eppure Al-Awda, con il suo messaggio di una Palestina libera e decolonizzata, è riuscita a fare proprio questo.

L’equivoco è che per esporre la questione palestinese, al fine di raggiungere gli obiettivi di coloro che cercano di liberare la Palestina, dobbiamo andare piano. “Dobbiamo gattonare prima di camminare e correre”, ci viene detto. In altre parole, per ottenere la liberazione della Palestina, dobbiamo andarci piano per non turbare nessuno. Questo non è mai stato vero e tantomeno lo è oggi.

Chi sono gli ebrei?

Troppe persone pensano che gli ebrei che sono ortodossi e si vestono da ultra-ortodossi siano associati ai coloni e alla politica israeliana di destra. Tuttavia, alla conferenza di Al-Awda e in molti altri spazi filo-palestinesi, vediamo ebrei ultra-ortodossi che sventolano bandiere palestinesi e chiedono lo “smantellamento pacifico dello Stato sionista”. Quindi la domanda da porsi è: quale di questi gruppi, i coloni razzisti e violenti o gli ebrei che promuovono la pace e la tolleranza, rappresentano l’ebraismo?

Per decenni venerati rabbini di Gerusalemme, Londra e New York hanno chiesto la fine dello Stato sionista e la liberazione della Palestina e del popolo palestinese. I giovani studenti della Yeshiva nel quartiere di Me’a Sha’arim a Gerusalemme, così come nelle città di tutto il mondo, portano con orgoglio la bandiera palestinese mentre marciano fianco a fianco con i palestinesi.

Quindi, chiaramente, i coloni ebrei sionisti possono vestirsi da ebrei ortodossi, ma in realtà stanno violando i principi più sacri della fede ebraica.

Opposizione

L’opposizione alla causa della giustizia è sempre stata feroce e, nel caso della Palestina, i sionisti hanno imparato da altri oppressori e affinato i loro metodi. Ciò significa che la lotta per la giustizia e la liberazione in Palestina è impegnativa e ardua, e noi che stiamo dalla parte della giustizia e della liberazione dobbiamo lavorare più duramente e in modo più intelligente di coloro che hanno dovuto combattere in altre arene.

Dobbiamo riconquistare la Palestina facendo capire al mondo che ciò a cui si riferisce erroneamente come Israele è la Palestina occupata. E che un passato glorioso è stato omesso dalla storia e quindi non conoscono la lunga e suggestiva storia di questa terra, che si trova ad un crocevia cruciale che unisce Asia, Africa ed Europa.

Palestinesi espongono foto di Shireen Abu Akleh nella città di Ramallah, in Cisgiordania, 11 maggio 2022. Nasser Nasser | AP

Dobbiamo spiegare al mondo che qualunque cosa i sionisti abbiano detto loro era una bugia, quindi dobbiamo essere presenti e fornire in termini inequivocabili la verità. Una volta mi è stato chiesto in un’intervista cosa mi manca di Israele. “Questo non è Israele”, ho risposto, “è la Palestina”. L’intervistatore è rimasto sbalordito: “Come può dirlo?” mi chiese. “Era Palestina, è la Palestina rimarrà sempre Palestina”, ho risposto. Se agiamo senza compromessi, sarà una Palestina libera.

Miko Peled è uno scrittore e attivista per i diritti umani, nato a Gerusalemme. È autore di “The General’s Son. Journey of an Israeli in Palestine” (Il figlio del generale. Viaggio di un israeliano in Palestina) e “Injustice, the Story of the Holy Land Foundation Five” (Ingiustizia, Storia dei Cinque Della Fondazione Terra Santa).

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org