L’indignazione di Amira Hass

Mentre il nuovo governo di Israele rivendica il suo diritto di colonizzatore, la corrispondente di lunga data di Haaretz dai Territori Palestinesi Occupati discute le vecchie e nuove forme di dominio dello Stato sui palestinesi.

Fonte: English version

Di Alex Kane – 18 aprile 2023

Quando voglio capire la burocrazia dell’occupazione israeliana, o sapere come un incursione israeliana in Cisgiordania ha avuto un impatto sui palestinesi, leggo gli articoli di Amira Hass, corrispondente di Haaretz per i Territori Palestinesi Occupati. Ebrea israeliana che ha risieduto a Gaza dal 1993 al 1997 e da allora ha vissuto nella città di Ramallah in Cisgiordania, Amira Hass è l’autrice del libro: “Bere il Mare di Gaza: Giorni e Notti in Una Terra Sotto Assedio”, e ha scritto innumerevoli denunce sul governo militare di Israele e sulla sua impresa di insediamento. Negli ultimi mesi, ha svelato perché la Moschea di Al-Aqsa è così importante per i palestinesi, ha riferito dell’uccisione da parte dell’esercito israeliano di una donna palestinese di 61 anni a Jenin ed ha esaminato la riluttanza dell’Autorità Palestinese a proteggere i palestinesi dagli attacchi dei coloni.

Mentre il governo di estrema destra israeliano espande gli insediamenti, intensifica la violenza militare contro i palestinesi e tenta di frenare il potere del sistema giudiziario, volevo sentire da lei come vede questi sviluppi nella politica israeliana e palestinese. Venerdì abbiamo discusso del potenziale del movimento di protesta israeliano, della Resistenza armata palestinese e di come riesce a mantenere il suo senso di indignazione.

Questa intervista è stata modificata per lunghezza e chiarezza.

Alex Kane: Cosa ne pensa delle proteste israeliane contro la riforma giudiziaria? Crede che ci sia la possibilità che queste proteste possano avere un impatto sulla coscienza pubblica riguardo all’occupazione militare di Israele?

Amira Hass: La riforma giudiziaria è davvero allarmante e spaventosa. Influirà negativamente su molti segmenti della società israeliana: lavoratori, donne, comunità LGBTQ, anziani. E ridurrà le libertà come la libertà di parola e la libertà di organizzazione. Le decine di migliaia di ebrei israeliani che protestano hanno tutte le ragioni per opporvisi, poiché sanno per certo che la loro vita agiata in una democrazia liberale economicamente fiorente per gli ebrei è in pericolo.

Sottolineo la frase “democrazia per gli ebrei”: È incredibile vedere come la grande maggioranza dei manifestanti non veda l’evidente legame e continuità tra la dittatura militare israeliana sui palestinesi nei Territori Occupati che esiste da quasi sei decenni e gli elementi fondamentali della riforma giudiziaria. Per metà della popolazione che vive tra il Fiume Giordano e il Mar Mediterraneo, i palestinesi, lo Stato non è mai stato democratico. Inoltre, importanti figure tra i manifestanti hanno modellato e mantenuto questa dittatura militare, e ora temono che l’indebolimento dell’attuale sistema giudiziario li esporrà a cause legali all’estero (che hanno precedentemente evitato) perché il mondo pensava che tutto fosse supervisionato e monitorato da tribunali israeliani indipendenti. Quindi capisco perfettamente coloro che si astengono dal partecipare, specialmente i palestinesi.

Ma come progressista credo nel potenziale educativo e radicalizzante delle proteste civili e credo che il nostro ruolo sociale e politico come progressisti sia quello di contribuire a questo processo con la nostra partecipazione critica e distinta. La radicalizzazione può avvenire sia nel linguaggio che nell’attivismo. Ad esempio, durante le manifestazioni di Balfour contro Netanyahu nel 2020 e nel 2021, alcuni attivisti di sinistra sono riusciti a coinvolgere alcuni dei tradizionali manifestanti nell’attivismo contro l’occupazione, ad esempio l’accompagnamento regolare dei contadini palestinesi esposti alla violenza dei coloni. Nelle attuali proteste, gli attivisti di sinistra Mizrahi che si autodefiniscono Collettivo Civico Mizrahi hanno pubblicato una piattaforma che denuncia la proposta di riforma neoliberista e autoritaria (giudiziaria) e allo stesso tempo espone i difetti intrinseci del “vecchio regime”. In tutte le città, la sinistra forma un blocco a sé stante, portando la bandiera palestinese e scandendo slogan come: “Non c’è Democrazia con l’Occupazione”. Hanno la possibilità di essere ascoltati dagli altri, di essere presi in considerazione dai leader emergenti. Inoltre, la natura del circolo politico di destra Kohelet, finanziato da miliardari ebrei americani e fortemente sostenuto dalla lobby dei coloni, è stata smascherata, condannata e ridicolizzata durante le proteste, che hanno accentuato e riproposto vecchi concetti di base di Israele come società del benessere.

Anche se la maggior parte dei manifestanti non vede la contraddizione tra uno Stato ebraico e la democrazia, e probabilmente non la vedrà per molti anni, la loro determinazione a fermare la nuova legislazione serve indirettamente una causa più grande della conservazione della loro vita agiata. I palestinesi su entrambi i lati della Linea Verde non saranno risparmiati dalla riforma giudiziaria. Al contrario, sono i primi e immediati obiettivi di questa proposta di legge. È un coraggioso tentativo di garantire il dominio dell’estrema destra per molti anni, una destra che ha apertamente sostenuto una ripetizione della Pulizia Etnica del 1948 e l’espulsione di massa dei palestinesi come “soluzione”. Il loro successo nell’approvazione di questa legislazione li incoraggerà a portare avanti i loro piani anti-palestinesi.

Alex Kane: Questo nuovo governo israeliano rappresenta una rottura radicale rispetto ai governi passati?

Amira Hass: La risposta è sì e no allo stesso tempo. Ovviamente, per le ragioni che ho citato, la maggior parte dei manifestanti la vede come una rottura radicale, mentre noi di sinistra, e certamente i palestinesi, vediamo come la logica del nazionalismo ebraico, della superiorità e del militarismo si stia estendendo ancora di più lungo linee preesistenti. Ma possiamo dire questo di tanti regimi: il fascismo non ha abbracciato all’estremo alcune componenti fondamentali del capitalismo? La Russia sovietica non ha continuato ad avere alcuni tratti della Russia zarista? C’è una differenza tra un sistema imperfetto, anche molto, molto imperfetto, che ha ancora meccanismi per proteggere le persone che sono “differenti” (mi astengo dall’usare il termine “minoranza”, specialmente quando si tratta di palestinesi) e un sistema che non riconosce alcun diritto.

Alex Kane: In Cisgiordania, rispetto agli anni precedenti, c’è stato un aumento degli attacchi violenti contro gli israeliani. Come si spiega?

Amira Hass: Ho una riserva su questa domanda. Quando il nostro punto di partenza è parlare della violenza palestinese, è come se accettassimo che la norma sia l’occupazione, e che i fastidiosi palestinesi siano venuti e abbiano interferito con essa. La responsabilità della violenza è quindi addossata ai palestinesi. Ma permanentemente, Israele continua a confiscare la terra, a demolire le case dei palestinesi, a irrompere nelle abitazioni, interferire nell’attività economica, a proibire la costruzione e lo sviluppo, a isolare Gaza e a scollegarla dal resto del mondo, e a impedire la libertà di movimento dei palestinesi, tutte azioni molto violente e sistemiche dello Stato. Visto che non ha iniziato chiedendomi se c’è un picco nella violenza burocratica israeliana contro i palestinesi, diciamo inanzitutto che Israele continua con questa situazione anormale di dominio su ogni aspetto della vita palestinese. Alcuni palestinesi poi esprimono la loro disperazione imbracciando le armi in forme diverse. Alcuni prendono le armi solo all’interno delle loro città quando l’esercito israeliano invade. Alcuni compiono attacchi solitari contro gli israeliani. Sì, c’è un aumento, ma riflette un aumento della disperazione del popolo.

Allo stesso tempo, è importante notare che rispetto alla portata della violenza israeliana contro i palestinesi, pochissimi palestinesi ricorrono all’uso delle armi e all’uccisione di civili israeliani. Tuttavia, c’è un grande sostegno per i gruppi armati perché le persone sentono che riflettono i loro sentimenti di rabbia e il desiderio di vendicarsi. Coloro che affermano che questo libererà la Palestina stanno ingannando se stessi e gli altri, ma tutte le altre forme di lotta sono totalmente fallite: lotta popolare disarmata, diplomazia e azioni legali.

Alex Kane: Il mese scorso, la Knesset (Parlamento israeliano) ha approvato una legge che abroga parti della legge del 2005 che vietava agli israeliani di vivere in quattro insediamenti della Cisgiordania settentrionale. Ciò ha causato una disputa diplomatica con gli Stati Uniti, perché l’ex Primo Pinistro israeliano Ariel Sharon aveva promesso all’amministrazione Bush che Israele avrebbe abbandonato questi insediamenti, e ora il governo sta rivedendo quell’impegno. Qual è il significato di questo sviluppo?

Amira Hass: Il cambiamento può effettivamente riflettere la mancanza di rispetto di un’intesa con gli Stati Uniti, ma non riflette un cambiamento radicale sul campo. Dal 2005, la terra che è stata evacuata dai coloni israeliani non è stata restituita ai palestinesi. E per tutto il tempo ci sono state delegazioni di coloni che hanno portato avanti provocazioni in queste aree, costringendo l’esercito a proteggerli e causando danni ai palestinesi lì. L’ex insediamento di Homesh si trova su un terreno agricolo privato di palestinesi dei due villaggi vicini. Non gli fu permesso di tornare a lavorare le loro terre, nonostante una sentenza dell’Alta Corte che avrebbe dovuto permettergli di farlo. Inoltre, ai palestinesi non è stato permesso di utilizzare la terra negli altri tre insediamenti evacuati. Sono stati classificati come “Area C”, che è sotto il pieno controllo amministrativo israeliano e non consente ai palestinesi di sfruttare la terra. Quello era un segnale che l’evacuazione dei quattro insediamenti era solo temporanea, che era reversibile. Se Israele intendesse davvero portare a termine l’evacuazione degli insediamenti, non avrebbe impedito agli abitanti dei villaggi palestinesi e all’Autorità Palestinese di riappropriarsi delle aree. Ecco perché non sono rimasta molto sorpresa.

La revoca dice che gli accordi internazionali non sono sacri per gli israeliani. Ancora una volta, questo non è nuovo; Israele prende tutto quello che gli fa comodo dagli Accordi di Oslo, e butta via tutto il resto. Il pericolo è che dà più potere ai coloni e a persone come i ministri di estrema destra Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir.

Alex Kane: Dal momento che lei vive a Ramallah, avrà una visione molto ravvicinata di ciò che sta accadendo in Cisgiordania. Qual è lo stato dell’Autorità Palestinese in questo momento?

Amira Hass: È patetico e tragico. È importante dire che anche la dirigenza più ligia, creativa e democratica non sarebbe stata in grado di resistere alla sofisticatissima guerra di logoramento di Israele contro i palestinesi. Non è per la natura dell’Autorità Palestinese che Israele riesce a fare quello che fa. Ma una lotta ha bisogno della fiducia del popolo nella dirigenza e nelle sue intenzioni, una fiducia che non c’è. Il corpo politico palestinese è smembrato. L’Autorità Palestinese non consente lo sviluppo di nuove idee o nuove strategie per affrontare Israele. Mahmoud Abbas, il Presidente dell’Autorità Palestinese, è riuscito a creare un regime molto autoritario in cui lui e la sua cerchia decidono tutto. Non c’è un Parlamento. Le persone hanno sempre più paura di parlare. La magistratura è sotto il controllo di Fatah e degli uomini di Abbas. L’Autorità Palestinese continua il coordinamento della sicurezza con Israele e arresta gli oppositori politici, ma non cerca di proteggere il proprio popolo dalla violenza dei coloni e non rispetta gli accordi con uno dei settori più importanti della società palestinese: gli insegnanti che sono in sciopero da quasi due mesi e mezzo. I sondaggi mostrano che l’Autorità Palestinese non è rispettata, ed è, piuttosto, odiata, dal popolo. E inoltre Israele continua a trattenere denaro dalle entrate fiscali dell’Autorità Palestinese, che quindi non può nemmeno realizzare alcuni dei suoi progetti e pagare gli stipendi, che è il minimo che le persone si aspettano che faccia. È una situazione veramente disperata.

Alex Kane: Lei passa apparentemente tutto il suo tempo a scrivere sull’occupazione. Come vive la sua indignazione contro la continua violenza dell’occupazione? Il suo sdegno si attenua mai?

Amira Hass: Al contrario, sono sempre più indignata. Continua a sconvolgermi. Ho appena scritto di una famiglia palestinese a Gerusalemme Est che sarà sfrattata a causa di una delle leggi razziste che rende obbligatorio per il governo israeliano rilevare edifici che erano di proprietà di ebrei prima del 1948 e trasferirli a cittadini ebrei. Allo stesso tempo, non consente ai palestinesi che sono gerosolimitani di riavere le loro proprietà precedenti al 1948 a Gerusalemme Ovest. Ad ogni frase che ho scritto, ho sentito crescere la mia indignazione. Io vivo tra le persone che sono gli obiettivi quotidiani della violenza israeliana, quindi come potrebbe la mia indignazione affievolirsi? Vedo come la mia vita sia confortevole e sicura rispetto a quella di ogni palestinese. Ogni mio amico è bersaglio di violenze burocratiche e militari. Ho libertà di movimento e posso andare a Gerusalemme quando voglio, ma la maggior parte dei miei amici qui in Cisgiordania non può farlo. Dista circa 15 chilometri. Per non parlare dei miei amici che sono incarcerati a Gaza, tra i due milioni di abitanti della Striscia. Mi fa arrabbiare solo parlarne.

Alex Kane è un giornalista veterano di Jewish Currents.

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org