Un’ex prigioniera dell’IS pensa che Israele è un simbolo di speranza per gli Yazidi

Israele lo stato dell’apartheid non può essere un simbolo di speranza per gli Yazidi, è il loro carnefice per procura. È in realtà il loro vero assassino!

Introduzione di Zohra Credy

Questo articolo (del luglio 2017 – ndr) mi è stato inviato da N. B. che ringrazio. Mi è sembrato necessario reagire vista l’enormità delle osservazioni fatte da Nadia Murad, dichiarazioni fatte senza riflettere e che denotano una grande impreparazione sui problemi che hanno attraversato la società irachena negli ultimi anni. Il suo discorso è anche indicativo della sua ignoranza della retorica sionista razzista e della sua politica criminale.

Se solo sapesse… ma l’ignoranza è la peggiore delle calamità diceva mio padre!

Peccato che il premio Nobel sia stato assegnato a colei che fa l’apologia del suo carnefice. Sfortunatamente, Nadia Murad ignora che le due guerre contro l’Iraq sono fomentate dalle lobby sioniste e che sono i neoconservatori che hanno creato al-Qaeda e gli hanno permesso di imperversare in Iraq per seminare il caos.

Nadia Murad deve ignorare che è l’imperialismo sionista-atlantico che ha istradato i terroristi islamici wahabiti di più di 82 paesi. È la coalizione guidata dagli Stati Uniti che ha coperto e facilitato lo spiegamento di terroristi di Daesh che hanno decimato il suo popolo, violentato le donne e sgozzato gli uomini.

No, Israele lo stato dell’apartheid non può essere un simbolo di speranza per gli Yazidi, è il loro carnefice per procura. È in realtà il loro vero assassino!

Nadia Murad è una vittima del sionismo. È doppiamente vittima. Vittima di stupro e di manipolazione. (Zohra Credy)

 

 

Emily Gatt, 26 luglio 2017

 

Copertina – Nadia Murad Basee Taha ha chiesto giustizia per le vittime del gruppo dell’IS e ha sostenuto che l’attacco del 2014 contro gli yazidi dovrebbe essere riconosciuto come un genocidio. Mark Wilson (Getty / AFP / File)

Nadia Murad ha esortato i parlamentari israeliani a riconoscere ufficialmente il genocidio degli yazidi

Meno di cinque anni fa, Nadia Murad Basee Taha era un’adolescente normale che viveva nel villaggio di Kocho nella regione irachena di Sinjar. Ma la sua vita è cambiata per sempre quando, nell’agosto 2014, è stata catturata dal gruppo terrorista dello Stato Islamico e venduta come schiava del sesso, insieme a migliaia di altre donne e ragazze yazide.

Dopo essere sfuggita alle grinfie del gruppo jihadista, Nadia è diventata la voce della sofferenza degli yazidi, testimoniando nel 2015 davanti al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulle atrocità commesse dall’IS.

Martedì Nadia ha terminato una visita di cinque giorni in Israele organizzata dall’organizzazione umanitaria IsraAID, l’associazione per la lotta contro il genocidio, assieme all’ufficio israeliano della Society for International Development (SID). Questa visita fa parte di un tour mondiale di due anni con cui Nadia porta avanti una campagna presso vari governi perché i crimini perpetrati dall’IS contro gli yazidi siano riconosciuti ufficialmente come un genocidio.

 

FOTO – L’ambasciatrice di buona volontà delle Nazioni Unite, Nadia Murad

 

Nel suo ultimo giorno in Israele, e di fronte al pubblico entusiasta della sala conferenze del Jewish People’s Museum nel campus dell’Università di Tel Aviv, Nadia ha tracciato solidi parallelismi tra le sofferenze degli yazidi e quelle degli ebrei durante la Shoah.

“[La storia del popolo ebraico] è una storia unica, ma parte di essa riecheggia le esperienze della mia stessa comunità. Come gli ebrei, gli yazidi hanno una storia millenaria. Nonostante le recenti persecuzioni, i nostri due popoli sono sopravvissuti”, ha affermato Nadia.

“Per tre anni, l’IS ha rubato la paternità della storia degli yazidi. Ma non lasceremo che scrivano il nostro futuro. Il mio viaggio in Israele mi ha mostrato che dopo l’oppressione e il genocidio, una comunità può emergere più forte”, ha dichiarato.

 

Yazidi iracheni accendono candele e torce di paraffina all’esterno del tempio Lalish, il luogo più sacro della loro fede, nel corso di una cerimonia il 18 aprile 2017 per segnare la vigilia del nuovo anno Yazida. CHRISTOPHE SIMON (AFP)

 

Nadia e il genocidio yazida

 

Gli yazidi sono un’antica etnia derivata dalla minoranza kurda le cui credenze religiose incorporano elementi del cristianesimo e dell’islam. Nel 2014, c’erano circa un milione di yazidi in tutto il mondo, di cui 700.000 concentrati nella regione del monte Sinjar nell’Iraq nordoccidentale, vicino al confine siriano.

Quando l’IS conquistò intere regioni in Siria e in Iraq, i jihadisti il 4 agosto 2014 lanciarono un’offensiva su Sinjar con il chiaro obiettivo di eliminare gli yazidi, considerati “kfir” o “non-credenti” e che hanno finito per uccidere, ridurre in schiavitù o anche convertire.

“Ricordo di aver sentito voci su quei terroristi che odiavano la mia gente e ci consideravano adoratori del diavolo”, ricorda Nadia.

“Quel giorno [4 agosto 2014], e quelli che seguirono, l’IS uccise uomini e donne anziani, compresi sei dei miei nove fratelli, così come mia madre (…) Hanno intrappolato migliaia di persone che sono fuggite sul monte Sinjar senza acqua o cibo. L’IS aveva pianificato in anticipo di schiavizzare donne e bambini yazidi come parte della loro strategia per distruggere la nostra comunità. Così, migliaia di noi sono stati rapiti e trasportati in magazzini e prigioni”, ha raccontato. “Ma sono fuggita.”

 

Yazidi iracheni che sono fuggiti dalle loro case quando i militanti dello Stato Islamico (IS) hanno attaccato la città di Sinjar, si sono rifugiati nella città curda di Dohuk nell’agosto 2014. Ahmad al-Rubaye (AFP / File)

 

Nadia si è poi trasferita in Germania nel quadro di un progetto governativo speciale per le donne e i bambini vulnerabili. Ha testimoniato sui crimini dei jihadisti davanti al Consiglio di sicurezza dell’ONU nel dicembre 2015, poi rappresentata dall’avvocata per i diritti umani Amal Clooney, ha iniziato a sostenere la causa perché i combattenti dell’IS siano consegnati alla giustizia per i crimini contro la sua comunità.

Nel 2016 è stata nominata Ambasciatrice di buona volontà dell’UNDOC per la dignità dei sopravvissuti alla tratta di esseri umani e selezionata per il Premio Nobel per la pace. Nello stesso anno, una commissione indipendente ha dichiarato ufficialmente che i crimini dell’IS contro gli yazidi costituiscono un genocidio.

“Quando l’IS prese il potere, le donne furono le prime a soffrire. Le bambine sotto i nove anni furono vendute sui mercati degli schiavi e brutalmente violentate”, ha aggiunto Nadia.

“Oggi ci sono molte ragazze nei campi profughi sopravvissute al genocidio e disposte a testimoniare e dire cosa è successo loro”, ha sottolineato.

Ma finora, è stato fatto troppo poco per consegnare alla giustizia gli autori di questi crimini. “Per due anni ho parlato a politici, capi religiosi e commissioni chiedendo riconoscimento e giustizia, ma la comunità internazionale non ha ancora agito per proteggere gli yazidi o per portare gli autori dei crimini davanti alla giustizia”, si è dispiaciuta.

Quasi 3.000 yazidi sono ancora prigionieri dell’IS, mentre altre migliaia vivono in campi profughi improvvisati sulle coste greche, dove organizzazioni come IsraAID provvedono alle loro necessità primarie e forniscono sostegno psicologico.

 

Yazidi curdi reggono uno striscione con scritto “Stop Killing Yezidis #Shingal” durante una dimostrazione a Oldenburg, nel nord della Germania, nell’ottobre 2014Ingo Wagner (DPA / AFP / File)

 

L’esempio israeliano

 

È stato anche grazie al lavoro di IsraAID con i rifugiati yazidi nel campo in corso di evacuazione di Petra, in Grecia, che il co-direttore dell’organizzazione, Yotam Polizer, ha capito che Israele poteva giocare un ruolo importante nella causa yazida.

“A differenza dei rifugiati siriani che hanno visto il nostro logo con la stella di David e forse sono rimasti confusi, gli yazidi ci hanno accolto con enormi sorrisi. Hanno detto che per loro era un legame naturale”, ha dichiarato Polizer. Nei campi, aggiunge, è diventato chiaro che gli yazidi non volevano il nostro sostegno finanziario, ma i nostri consigli.”

In Israele, Nadia ha visitato Yad Vashem e il Museo della storia del popolo ebraico, ha incontrato parlamentari israeliani, così come il rettore dell’Università di Tel Aviv per riflettere sulla possibilità di vedere studenti yazidi venire a studiare in Israele.

“Come gli ebrei, gli yazidi hanno mostrato resilienza all’oppressione. L’attaccamento alla propria identità può essere una forza di resistenza. Ogni volta che pratichiamo un’usanza tradizionale o ne difendiamo un’altra, rifiutiamo di lasciare che i nostri torturatori siano più forti di noi”, ha affermato.

Lunedì sera, durante una manifestazione alla Knesset, Nadia ha esortato i parlamentari israeliani a riconoscere formalmente il genocidio degli Yazidi e ad approvare una proposta di legge presentata dalla deputata dell’Unione sionista Ksenia Svetlova, che è anche a capo della lobby per rafforzare i rapporti tra lo stato ebraico e il popolo curdo.

“Se il disegno di legge sarà approvato, Israele si unirà ad altri paesi che hanno riconosciuto ufficialmente che ciò che abbiamo sofferto è un crimine. In effetti il crimine più atroce”, ha detto Nadia martedì davanti agli studenti dell’Università di Tel Aviv. Dopo di lei, Svetlova ha affermato di credere che Israele può fare molto per promuovere la causa degli yazidi.

“La prima cosa che dobbiamo fare è commemorare e riconoscere”, ha dichiarato.

“Mai più. È il motto del nostro paese costruito sulle ceneri dell’Olocausto. Per me (…) è ovvio che “Mai più” non vale solo per gli ebrei. Vale anche per le altre nazioni e per gli altri popoli”, ha aggiunto Svetlova.

Con l’esercito iracheno che riprende gradualmente le ultime roccaforti dell’IS nel paese, Nadia spera di poter tornare presto nel suo villaggio di Sinjar e perseguire il suo sogno di studiare il trucco artistico e aprire il proprio salone.

“Non passa giorno senza che io pensi alla mia famiglia, alla nostra casa e a quello che mi è successo. Tutta la mia vita è diventata un ricordo. È sempre con me”, ha sospirato.

Prima di lasciare Israele, Nadia ha lasciato agli studenti un ultimo messaggio: “Grazie per aver dato agli yazidi un esempio di come rimanere legati alla nostra storia e al nostro patrimonio mentre diamo forma al nostro futuro”.

 

Traduzione: Simonetta Lambertini – Invictapalestina.org

Fonte:https://www.i24news.tv/fr/actu/international/moyen-orient/151393-170726-une-ex-captive-de-l-ei-estime-qu-israel-est-un-symbole-d-espoir-pour-les-yezidis

 

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