Quattordici anni di divisione palestinese, un disastro di cui non si vede la fine.

“La riconciliazione con Hamas è la prima pietra per la ricostruzione dell ‘” unità nazionale palestinese”.

Fonte : Versión Española

Redazione Efe – 15 giugno 2020

Gerusalemme / Gaza – Quattordici anni fa, dopo settimane di feroci combattimenti tra le famiglie di Gaza  sostenitrici dei rivali Fatah e Hamas, il movimento islamista prese il controllo della Striscia, dividendo la società palestinese in due e avviando un disastro politico e umano che ancora non sembra avere fine.

Il sequestro del potere da parte di Hamas e l’espulsione delle forze fedeli a Mahmud Abbas – che da allora ha governato solo su una parte della Cisgiordania – determinò anche l’inizio del blocco armato israeliano sull’enclave che, in quasi tre decenni e  unitamente alla divisione, ha distrutto economicamente la casa di due milioni di abitanti e una delle aree più densamente popolate del mondo.

Quel giugno 2007, la tensione a Gaza tra i miliziani di Hamas e le forze di sicurezza ufficiali, nelle mani di Fatah, raggiunse il picco: le strade delle città e dei campi profughi rimasero deserte per giorni, ad eccezione del passaggio delle  pattuglie armate di entrambe le parti che controllavano gli edifici e tutti i movimenti, mentre gli unici suoni che  si udivano erano il passaggio dei veicoli e i colpi di armi da fuoco.

Secondo i dati del Comitato Internazionale della Croce Rossa, gli scontri fecero  116 morti e 550 feriti. Le relazioni tra le due parti e tra le famiglie che ebbero delle vittime non sono state ancora ripristinate.

“Furono  giorni terribili”, ricorda a Efe, rattristato e arrabbiato, Abdelkarim Ellouh, 67 anni, padre di Nooh, un giovane ucciso in quei giorni dalle forze di Hamas.

“Se mio figlio fosse stato ucciso dagli ebrei, non sarei triste, perché sarebbe considerato un martire e un eroe. Ma  il fatto che sia stato ucciso da un palestinese armato, mi fa arrabbiare e mi fa impazzire. Non so cosa  avesse fatto mio figlio ad Hamas, né perché sia stato ucciso “, spiega.

Ellouh fa ancora fatica ad accettare la perdita del figlio, perdita che ha cambiato per sempre la sua vita. “Da quando lui è morto, mi siedo all’ingresso della casa e ogni volta che vedo arrivare qualcuno penso sia Nooh, che sta tornando”, dice.

Hamas vinse le elezioni del gennaio 2006, una vittoria che Fatah non voleva accettare. Nel 2007 entrambi concordarono un  governo di unità, che non  ebbe il riconoscimento internazionale  e che durò solo alcune settimane.

La famiglia di Ali Shakshak, del quartiere di Sheikh Radwan, nella capitale Gaza, ricorda la morte di uno dei loro figli, Ali, nel giugno 2006, per mano delle forze di Hamas, ma dichiara di essere pronta alla riconciliazione.

“È stato molto doloroso per tutti , sia in famiglia che nel quartiere, e ci manca ancora”, dice il fratello maggiore Hasan Shakshak, prima di esprimere la sua speranza che Hamas e Fatah si possano sedere al tavolo dei negoziati e accettino di tornare all’unità.

Dimitry Diliani, leader del movimento di riforma di Fatah, guidato dall’espulso Mohammad Dahlan, rivale di Abbas, ha detto a Efe che “la riconciliazione con Hamas è la prima pietra per la ricostruzione dell ‘” unità nazionale palestinese”.

Per lui, “rafforzare il fronte interno” è essenziale per “affrontare tutti i rischi imminenti che riguardano  la questione palestinese. È molto importante, soprattutto  nelle attuali circostanze, con Israele che si prepara ad annettere parte del territorio palestinese occupato della Cisgiordania.

I rischi per i palestinesi, dice, “sono aumentati dopo la divisione risultante dal colpo di stato di Hamas contro l’autorità palestinese a Gaza”.

Nell’ultimo decennio sono stati condotti vari tentativi di dialogo, mediati da paesi arabi come l’Egitto e il Qatar, oltre che dalle Nazioni Unite, ed è stato firmato un accordo, che tuttavia non è stato tradotto in atti concreti ,  per cui il movimento islamista continua a mantenere il controllo della sicurezza e delle istituzioni a Gaza, e Fatah in Cisgiordania.

I rappresentanti di Hamas si sono rifiutati di parlare con Efe della divisione e dei risultati ottenuti negli ultimi quattordici anni e si sono limitati a garantire come  il movimento fosse pronto per iniziare i colloqui di riconciliazione con Abbas.

“La divisione interna tra Fatah e Hamas ha creato due territori, due governi e due entità isolate”, ha detto a Efe l’analista indipendente Asad Kamal, il quale crede che ogni anno il divario diventi più profondo, in quanto  tutti i tentativi  per superarlo falliscono.

Al momento, non è nemmeno in corso un tentativo di dialogo:  ogni  partito governa il proprio territorio. In Cisgiordania l’Autorità nazionale palestinese (PNA) è alle prese con una forte crisi finanziaria e  ha recentemente dichiarato  la fine di tutti gli accordi firmati con Israele prima del piano di annessione. Hamas, nel frattempo, continua a governare a Gaza, dove impone rigidi controlli di sicurezza e mantiene un programma  islamista.

Mustafa al Sawaf, analista politico vicino ad Hamas, riconosce che la divisione “è un disastro che danneggia tutti i palestinesi, a tutti i livelli: sociale, politico ed economico”. E si rammarica che “oltre a soffrire per l’occupazione (israeliana), la gente ora soffre per la divisione interna”.

La scissione, aggiunge, “ha incoraggiato l’occupazione israeliana a violare i legittimi diritti dei palestinesi, a perseguire un piano per annettere parti della Cisgiordania e svuotare  Gerusalemme dai suoi cittadini palestinesi”.

Entrambe le parti riconoscono che la divisione è un disastro, la cui fine ancora non sembra essere vicina . EFE

 

Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” –Invictapalestina.org

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