“Spegni la nostra sete”. Una lirica, il cambiamento climatico e le rivoluzioni arabe.

Come i testi di una popolare canzone Aleppina, aiutano a esplorare l’innegabile influenza del clima sui cambiamenti politici nella parte orientale del Mondo Arabo.

Fonte: English version

Ali Moraly – 19 July 2020

إقرأ باللغة العربية: “اسق العطاش”… الموسيقى في زمن التغيّر المناخي والثورات

Uno dei capolavori della musica araba classica è “Iski al-Ittash”, che letteralmente significa “dissetare”. È una “Muwashshah”; una lunga forma di poesia lirica, nota per essere originaria dell’Andalusia durante il dominio arabo in Spagna, per poi diffondersi in Siria, specialmente a Homs e Aleppo; è nella capitale del nord siriano che questo genere musicale è stato conservato e si è sviluppato in altre forme.

Il ritornello della poesia è una supplica a Dio, indirizzata come segue:

“Oh generoso donatore,

Oh misericordioso,

Oh gentilissimo,

Grazia quelli che hanno bisogno di te!

Spegni la loro sete!

Poiché stanno impazzendo dalla sete”

Implorare Dio per l’acqua o per la pioggia in una poesia in quanto tale, non nasce da scopi esclusivamente artistici. Piuttosto vi è un collegamento a un riferimento storico, a quando Aleppo, 300 anni fa, fu colpita da una grave siccità che ebbe impatti complessi: quelli diretti su colture e bestiame, ma anche, indirettamente , quelli associati a servizi igienico-sanitari, nutrizione, perdita di mezzi di sostentamento e migrazione di popolazioni.

Il fatto che i ricercatori non concordino sull’origine del poema e sulla sua fonte, rende incerte le informazioni storiche su di esso . Un’ipotesi tuttavia, che sembra essere accettata da tutti, è che doveva essere una preghiera rivolta al Cielo perchè facesse cadere la pioggia trattenuta.

Nella storia del Medio Oriente il ripetersi di episodi di siccità e di carestie, sia precedenti che successivi a quello sopracitato, non solo hanno avuto effetti sulla vegetazione e sulla demografia, ma hanno anche segnato questi periodi con significativi cambiamenti politici che è possibile rilevare anche oggi nei movimenti della primavera araba.

Come i testi di una popolare canzone Aleppina, aiutano a esplorare l’innegabile influenza del clima sui cambiamenti politici nella parte orientale del Mondo Arabo.

La carestia durante il periodo ottomano

Alcuni storici suggeriscono che “Iski al-Ittash” risalga al 15 °secolo, poiché una versione supplice della poesia è stata trovata in un manoscritto attribuito al sufi nordafricano Sidi Ali Wafa. Numerose ricerche documentano che quando il Nilo soffrì di una significativa carenza d’acqua, Wafa compose questi testi come una forma Istiska “una preghiera, una pratica tradizionale nell’Islam che continua ad esistere fino ai nostri giorni”.

L’emergere di una simile letteratura musicale nel periodo tra il XV e il XVIII secolo non avviene senza contesto. Durante quel periodo il Levante, così come vaste parti dell’Impero Ottomano, subirono gravi cambiamenti climatici, seguiti da un tumulto economico che alla fine portò, insieme ad altri fattori, al suo declino.

Come ripercussione della Piccola Era Glaciale, durante il 1500 e fino al 1700, una serie di onde di raffreddamento colpì l’emisfero settentrionale. Di conseguenza, il clima nella regione del Medio Oriente settentrionale divenne prevalentemente freddo ed estremamente secco, accompagnato da significativi periodi di grave siccità. Al fine di contenere le conseguenze socioeconomiche della crisi climatica, l’Impero Ottomano incoraggiò le popolazioni rurali a migrare verso i centri urbani dell’Impero, una strategia che fallì, causando alla fine significativi cambiamenti demografici, crisi economiche e carestia.

Non ci volle molto perché i cambiamenti socio-economici si riflettessero sulle condizioni socio-politiche di allora. Le principali città si sovrappopolarono a causa dei rifugiati climatici, che mancavano di servizi igienici adeguati o di cure sanitarie, con l’inevitabile carenza di cure mediche. Le cattive condizioni di salute e la crisi finanziaria causarono disordini di civili e alimentarono il verificarsi di sconvolgimenti sociali.

I principali eventi storico politici dalla fine degli antichi regni, la disintegrazione dell’Impero ottomano, le primavere arabe e la rivolta libanese possono avere un fattore comune

Dall’urbanizzazione alla desertificazione

Il cambiamento climatico è sempre stato un fattore determinante nella regione orientale del mondo arabo. Fin dall’inizio della storia umana, sia nel corridoio levantino che nella pianura delimitata dai fiumi Tigri ed Eufrate (oggi Iraq), il clima ha facilitato l’ascesa, nonché il declino, delle comunità sociali e della prosperità economica, e di conseguenza ha avuto effetti diretti sul progresso culturale e politico.

Più di 10.000 anni fa, e dopo un lungo periodo di grave riscaldamento globale cui successe l’Era Glaciale, i ghiacciai ricoprirono quasi interamente l’ Hampshire settentrionale. Ciò portò in tutto il Levante a una condizione climatica favorevole che spianò la strada alla prima rivoluzione agricola.

“The Curse of Akkad”, una poesia che risale ai decenni precedenti la caduta del Regno Accadico, racconta come il principe Naram-Sin avesse distrutto il tempio del dio della pioggia. Di conseguenza, smise di piovere, il che provocò la morte delle colture con conseguente carestia e povertà.

Pertanto, l’abbondanza ecologica nell’area permise l’espansione di attività come la raccolta e la caccia nelle comunità primitive, note con il nome di Natufiani. In seguito si sarebbe avuta la transizione verso le prime forme di insediamenti agricoli, dove gli umani acquisirono familiarità con le varietà di piante, le coltivazioni e gli animali domestici. E lì, una forma di vita urbana emerse quando Uruk, la prima città, fu fondata in Mesopotamia vicino al fiume Eufrate.

Quindi, il verificarsi di un’altra crisi climatica, scientificamente nota come “iatus palestinese”, cambiò il corso della storia nella regione, quando un lungo periodo di stabilità ecologica fu bruscamente interrotto da massicce ondate di siccità e da scarsità di precipitazioni che alla fine portarono alla scomparsa di civiltà prospere, compreso l’Impero Accadico del Levante.

“The Curse of Akkad”, una poesia che risale ai decenni precedenti la caduta del Regno Accadico, racconta come Naram-Sin, nipote del sovrano Sargon, distrusse il tempio del dio della pioggia. Di conseguenza, smise di piovere, il che provocò la morte delle colture. Le persone erano devastate dalla sete e dalla fame a causa della siccità che affliggeva la terra.

L’attuale cambiamento climatico, causato dal riscaldamento globale, sembra aver colpito soprattutto il mondo arabo, sebbene le rivendicazioni che hanno causato le rivolte popolari durante la primavera araba si siano cristallizzate nelle rivendicazioni politiche, con la richiesta di porre fine alle dittature e l’intento di far cessare decenni di tirannia, oppressione e corruzione. Le gravi condizioni climatiche di cui soffre la maggior parte dei Paesi Arabi, hanno sicuramente creato nuove dinamiche socio-economiche, che hanno alimentato la frustrazione e il malcontento della popolazione.

I disastrosi impatti della siccità e delle dittature

Attualmente, la siccità, unita alla cattiva e sconsiderata governance delle dittature, alla pessima gestione e alla mancanza di strategie nell’affrontare la scarsità d’acqua e la desertificazione, hanno spinto la popolazione dalle aree rurali verso i centri urbani, portando alla formazione di cinture di povertà attorno alle grandi città, alla diminuzione della già ristretta classe media, all’ampliamento del divario tra i ricchi e il resto della popolazione, minacciando la sicurezza alimentare, minando la stabilità sociale, spingendo le persone in pozzi di disperazione e di rassegnazione.

Oggi, in tutta la regione incombono turbolenze e tumulti: guerre civili disastrose di cui non si vede la fine in Siria e Yemen, con conseguente aumento dei tassi di povertà; disordini frequenti in Iraq, una grave crisi economica in Egitto, che ora sta vagliando la soluzione militare nell’affrontare gli attesi effetti della diga etiope sul Nilo. Inoltre, dal 2015 oltre un milione di richiedenti asilo ha raggiunto l’Europa.

La terrificante differenza tra le catastrofi passate e la crisi di oggi è la seguente: le ragioni climatiche alla base della situazione attuale non sono causate esclusivamente da eventi geologici, né da Dio che trattiene la pioggia. Questa volta, noi umani abbiamo contribuito ampiamente alla nostra crisi climatica.

Fonti: “Climate change and crisis in ottoman Turkey (c.1300 – 1923) and the Balkans” di Sam A. White (Columbia University); “Climate stress drove wave of Arab Spring refugees,” di Megan Rowling; “The drought that led to the death of a whole civilization,” di Fiona Zublin.

Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” – Invictapalestina.org

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