La storia dell’uso della tortura da parte dello Shin Bet e quello che dice dell’Israele di oggi

Israele ha bandito la tortura più di due decenni fa, ma anni dopo le prove di abusi commessi dai Servizi di Sicurezza Statali continuano ad emergere.

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Sarmad Ishfaq – 15 aprile 2021

Foto di copertina: La madre di Haitham Salhiyah, sopravvissuto a un presunto tentativo di omicidio organizzato dallo Shin Bet all’interno di una prigione israeliana, il 19 gennaio 2011, (foto: Issam Rimawi / APA Images)

Israele ha bandito la tortura più di due decenni fa, ma anni dopo continuano ad emergere prove che i Servizi di Sicurezza Statali esercitano violenti abusi fisici e psicologici. Gruppi per i diritti umani, in rappresentanza dei palestinesi che hanno intentato più di mille cause per presunta tortura da parte dello Shin Bet, noto anche come Shabak o General Security Service (Servizio di Sicurezza Generale), affermano che la pratica è ancora endemica e continua  nel sistema con scarsa supervisione.

Come può la tortura essere sia proibita che pratica comune? La risposta sta nello sviluppo longitudinale dell’organizzazione, dove  prevale la segretezza. È regolamentato da politiche che sono classificate e non sono mai state esaminate da un organismo indipendente o esterno, al riparo dai media e dal controllo pubblico.

L’8 febbraio 1949 fu ufficialmente costituito lo Shin Bet, ma fu solo nel 1957 che il grande pubblico venne a conoscenza della sua istituzione. Il suo battesimo  avvenne in un periodo in cui molte “minacce” incombevano sullo Stato appena sancito sulla scia della guerra del 1948 contro cinque paesi arabi vicini, la Nakba palestinese e l’inizio della crisi dei rifugiati, quando 700.000 palestinesi dovettero lasciare la loro patria cacciati con la forza o in fuga dal terrore. Altri 156.000 palestinesi  rimasero in Israele e il nuovo governo  considerò questi come una potenziale minaccia.

Inizialmente, lo Shin Bet  limitò la sua attenzione al mezzo milione di palestinesi che erano diventati cittadini israeliani all’indomani della guerra del 1948. Oggi, il suo mandato riguarda la salvaguardia della sicurezza dello Stato, lo smantellamento dei gruppi terroristici e il controspionaggio.

In questo contesto turbolento, l’esistenza, le operazioni e le tattiche dello Shin Bet furono tenute nell’ombra. L’organizzazione divenne l’incarnazione del suo motto: “Il difensore deve essere invisibile”.

Gli inizi

Nel 1948, Ezra Danin, capo della “Sezione Araba” dell’Haganah,  fu incaricato di “distruggere i villaggi arabi”. L’Hagana, una forza paramilitare sionista, è stato il precursore dello Shin Bet dal momento che dopo l’indipendenza israeliana le forze del primo sono state usate per creare il secondo.

Nella sua ricerca per mantenere il controllo dello Stato, David Ben-Gurion, il primo Primo Ministro di Israele, sostenne il mandato britannico nominato The Emergency Defense Regulations (Regolamento di Difesa di Emergenza) del 1945. Questi regolamenti davano a Israele, come agli inglesi prima di loro, un numero sproporzionato di poteri relativi a detenzione, controllo e altre questioni giuridiche. In sostanza, un sistema di governo militare era presente in Israele dopo l’indipendenza. Ciò si aggiunge al fatto che Israele si trova in uno stato di perenne emergenza da quando l’indipendenza ha legittimato molte azioni insidiose contro la minoranza palestinese che includono una serie di metodi basati sulla sorveglianza adottati dallo Shin Bet e dalla polizia.

L’obiettivo era impedire ai profughi palestinesi di rientrare in Israele (Palestina). Per raggiungere questo obiettivo, lo Shin Bet, l’esercito e altre agenzie  utilizzavano le informazioni ricevute dai loro collaboratori che  permisero alle agenzie di sicurezza di relegare i rifugiati nei campi profughi. Negli anni ’50, il governo di Mapai (Partito dei Lavoratori) usò lo Shin Bet per costringere le persone a votare per i partiti arabi satelliti del Mapai. I membri di Mapai usarono politicamente questi partiti per accontentare i loro alleati arabi e anche per usare i loro burattini arabi alla Knesset (parlamento) per scopi di propaganda.

Sebbene lo Shin Bet abbia raggiunto i suoi obiettivi in ​​varie occasioni, durante questo periodo non era regolamentato da alcuna legge. Lo Shin Bet non solo è stato considerato intoccabile, ma per molti anni dalla sua istituzione è rimasto un’organizzazione segreta, che agiva nell’ombra. Il suo comportamento clandestino è stato ed è tuttora incoraggiato dal Censore Militare israeliano, che mira a impedire ai media di rivelare informazioni sensibili. In questo periodo l’organizzazione rispondeva solo al Primo Ministro; e le masse non avrebbero dovuto conoscere il nome del capo dell’organizzazione,  così come  la morte di un agente non doveva essere resa nota.

Negli anni ’50 e ’60, lo Shin Bet controllava anche se i palestinesi celebravano il Giorno dell’Indipendenza con entusiasmo o disgusto, e agiva di conseguenza. In questo stesso periodo, i palestinesi dovevano ottenere il permesso dai Comitati Arabi Regionali degli Affari Arabi per svolgere compiti rudimentali come ricevere prestiti, ottenere lavori nel settore pubblico, spostare la loro residenza eccetera; questo comitato era composto da un Ufficiale dello Shin Bet, un Governatore Militare, un Rappresentante del Governo e un Ufficiale di Polizia.

Lo Shin Bet era anche aggressivo nel reprimere le opinioni anti-Israele o anti-governative. L’agenzia era attiva nel controllo di insegnanti e presidi nel sistema scolastico palestinese. Inoltre, lo Shin Bet controllava gli insegnanti che erano visti come troppo nazionalisti, e se queste tendenze aumentavano, l’agenzia  interveniva minacciandone il licenziamento. Lo Shin Bet era utilizzato anche per monitorare vari aspetti dell’educazione che includevano insegnanti che parlavano contro le agenzie di sicurezza; discorsi che avevano implicazioni antisemite; e critiche al governo militare.

Per quanto riguarda la politica palestinese in Israele, Israele e le sue agenzie erano solite monitorare le elezioni locali e l’istruzione. Nelle elezioni locali, il governo sionista  sosteneva i clan palestinesi che erano loro fedeli consentendo ai capi dei clan di dirigere i consigli locali. Inoltre, le autorità locali, che comprendevano i palestinesi eletti, furono incentivate a fornire lavoro ai palestinesi istruiti e ad impedire loro di adottare comportamenti politici indesiderati. Infatti, il professore di politica e governo all’Università Ben-Gurion, Ahmed Sa’di, sostiene che il piano era quello di includere i palestinesi ai margini dell’economia in modo che la loro sopravvivenza finanziaria fosse più apprezzata delle loro convinzioni politiche o morali.

Dal 1958 al 1969 e oltre, il governo usò stratagemmi come incentivare i giovani palestinesi a studiare all’estero, per poi rendere difficile il loro ritorno a casa; attuare leggi più severe; ridurre il numero di palestinesi inclusi nelle zone economiche ecc. Il governo incaricò lo Shin Bet e altri di raccogliere informazioni per eseguire i suddetti piani.

Il governo militare in vigore dal 1948 fu definitivamente abolito nel 1966. Nel 1967, scoppiò la Guerra dei Sei Giorni tra Israele e Giordania, Siria ed Egitto. Il panorama sociale, politico e geografico del Medio Oriente cambiò. Israele  prese il controllo della Cisgiordania, di Gaza e di Gerusalemme Est.

Nel 1976, Israele annunciò che avrebbe confiscato la terra palestinese per motivi di insediamento e sicurezza: la tragedia che ne seguì sarebbe stata ricordata come il Giorno della Terra. Questa decisione venne accolta con massicce proteste da parte dei palestinesi che  provocarono il dispiegamento dell’IDF e della polizia. Nei successivi scontri tra i palestinesi e le forze di sicurezza, sei cittadini palestinesi di Israele furono uccisi e circa 100 rimasero feriti.

Hillel Cohen, uno studioso israeliano, cita nel suo libro sugli informatori “Good Arabs: The Israeli Security Agencies and the Israeli Arabs, 1948-1967” (Buoni Arabi: Le Agenzie di Sicurezza Israeliane e gli Arabi Israeliani, 1948-1967) un caso specifico che  portò alle proteste. Afferma che Tareq ‘Abd al-Hayy, allora sindaco del villaggio arabo di Tira, nel nord di Israele,  chiamò la polizia per i manifestanti del Giorno della Terra dopo aver tentato di disperderli, ma  fu ostacolato dai negozianti locali. Cohen definì questo “l’ultimo atto del suo stretto rapporto con le forze di sicurezza”.

In seguito a casi come questo, lo Shin Bet fece pressioni per incentivare chiunque a lavorare per il Servizio di Sicurezza come informatori, denominati localmente “collaboratori”. I possibili vantaggi per gli informatori includevano un impiego governativo o un permesso per aprire un’impresa.

Questo punto è ribadito nel documentario “Inside the Shin Bet” (Dentro lo Shin Bet), dell’avvocato Hussein Abu Hussein, che lo sottolinea a causa delle condizioni di povertà dei palestinesi. Afferma  che diventano candidati perfetti per la coscrizione e Avigdor Feldman, un avvocato per i diritti umani, ha affermato che le spie arabe sono presenti in tutte le città palestinesi.

Nel 1984 si svolse un evento che ebbe gravi ripercussioni per lo Shin Bet. L’affare Bus 300  scioccò la collettività israeliana e demonizzò lo Shin Bet agli occhi dell’opinione pubblica. Un autobus in partenza da Tel Aviv per la città di Ashkelon  fu dirottato da quattro palestinesi che chiedevano la libertà di 500 detenuti palestinesi. Fu ingaggiato l’esercito e nella successiva operazione, due dei quattro palestinesi  furono uccisi, mentre gli altri due furono catturati vivi e consegnati allo Shin Bet. Tuttavia un portavoce militare mentì pubblicamente affermando che tutti e quattro i responsabili erano stati uccisi durante l’operazione. Fu solo più tardi che Hadashot, un quotidiano israeliano, pubblicò una fotografia che mostrava uno dei terroristi preso vivo dagli agenti di sicurezza.

Indignata, l’opinione pubblica  chiese un’indagine su questo episodio. Il Comitato di Zorea, e in seguito il Comitato Blatman, furono incaricati  di scoprire la verità, ma entrambi fallirono. Fu solo due anni dopo che alti funzionari dello Shin Bet rivelarono che gli agenti avevano mentito al Comitato e avevano erroneamente accusato un alto funzionario dell’IDF per l’omicidio di due terroristi. Il direttore dello Shin Bet dell’epoca, Avraham Shalom, fu fortemente implicato nell’insabbiamento, come  fu rivelato nel 1986 quando si scoprì che i due erano stati uccisi durante l’interrogatorio.

Nel maggio 1986  furono resi pubblici i dettagli sul coinvolgimento di Shalom nell’omicidio dei due terroristi e la sua autorizzazione ai funzionari dello Shin Bet per mentire sotto giuramento, ma nonostante questo, il Presidente lo perdonò in modo scandaloso. Commentando questo incidente, Yossi Beilin, l’ex Ministro della Giustizia israeliano, ha osservato che l’opinione pubblica comprendeva che lo Shin Bet poteva essere bugiardo e criminale. L’evento  portò per la prima volta l’agenzia segreta e i suoi approcci all’attenzione pubblica.

Negli anni ottanta si assistette anche all’affare Nafsu in cui l’ufficiale delle IDF, Izat Nafsu, confessò i suoi metodi criminali di interrogatorio come: insulti, percosse, privazione del sonno, intimidazione, ecc. L’affare Nafsu assieme all’affare Bus 300  forzò il governo israeliano a muoversi verso la regolamentazione dello Shin Bet.

L’artista palestinese Ayman al Hosary, 32 anni, disegna un murale il 30 marzo, quando i palestinesi commemorano il Giorno Della Terra, a Gaza il 30 marzo 2021 (Foto: Mohammed Salem / APA pictures)

Lo Shin Bet e il quadro giuridico, dagli anni ’80 ad oggi

Nel 1987 fu istituita dalla Knesset la Commissione Landau per deliberare sui metodi di interrogatorio dello Shin Bet. La Commissione Landau ha concluso che: Lo Shin Bet ha utilizzato tecniche di interrogatorio violente, dalle quali deve astenersi, ma in alcuni casi potrebbe applicare un “livello moderato di pressione fisica”. Inizialmente, i risultati sono stati esaminati in una luce positiva, anche se la Commissione è stata ed è tuttora criticata per numerose ragioni. Principalmente, il rapporto ha un allegato segreto, che contiene le regole per le tecniche di interrogatorio consentite; questo allegato non è mai stato reso pubblico.

Inoltre, il Dottor Ishai Menuchin del Public Committee Against Torture in Israel (Comitato Pubblico Contro la Tortura in Israele), commenta che questa “moderata pressione fisica” alla fine è stata inflitta a tutti i palestinesi. La regola della “pressione fisica moderata” era troppo ambigua e il rapporto Ben-Porat ha rivelato che lo Shin Bet ha infranto spesso questa regola. Inoltre, la tolleranza di “moderata pressione fisica” negli interrogatori dello Shin Bet era l’essenza del problema e rendeva inutile una supervisione efficace. Col senno di poi, la Commissione Landau è stata controproducente in quanto il gergo dei regolamenti ha permesso allo Shin Bet di manipolarlo fino al risultato desiderato.

Nel 1999, l’Alta Corte di Giustizia israeliana è intervenuta e ha dichiarato inequivocabilmente che la “pressione fisica” è vietata tranne che nei casi di “pericolo imminente” (nel gergo israeliano detto della “bomba a orologeria”). Nel documentario “The Gatekeepers” (I Guardiani), sei ex direttori dello Shin Bet, Avraham Shalom, Yuval Diskin, Avi Dichter, Yakkov Peri, Ami Avalon e Carmi Gillon, sono stati intervistati per la prima volta. Nel film, Gillon spiega la giustificazione del pericolo imminente: Lo scenario ipotizza un possibile attacco terroristico e la persona che l’agenzia sta interrogando ha informazioni che possono sventare l’attacco. Questa è l’unica eccezione all’uso della “pressione fisica” secondo il tribunale.

La cosa sorprendente è che tutti gli ex capi dell’agenzia di sicurezza hanno concluso che la violenza genererà più violenza e che la soluzione per una pace a lungo termine è il dialogo. Anche Shalom, il famigerato direttore dello Shin Bet durante l’affare Bus 300, afferma che non c’è alcuna alternativa al “dialogo”. Dichter afferma che la pace deve essere costruita su un sistema di fiducia e non può essere ottenuta militarmente, mentre Gillon afferma che Israele sarebbe negligente se non si impegnasse in colloqui di pace.

Se gli ex direttori dello Shin Bet credono che la forza non sia la soluzione, allora si dovrebbe dargli credito.

Nel 2002, una  nuova legislazione  fu finalmente approvata dalla Knesset, la prima legge incentrata sulla comunità delle agenzie di sicurezza. La legislazione chiamata “Legge Shin Bet”, ha richiesto molti anni per essere finalmente approvata. Dopo la legiferazione, lo Shin Bet e altre agenzie non furono più protette dal segreto e sotto l’egida di questa legge, la supervisione interna ed esterna dello Shin Bet fu regolamentata. Eppure, tragicamente, l’aspetto più controverso dei metodi di interrogatorio è stato sorprendentemente non toccato dalla legge. La Knesset si è accontentata della sentenza dell’Alta Corte di Giustizia israeliana e che questa doveva rimanere la regolamentazione sulle tecniche di interrogatorio dello Shin Bet. Lo Shin Bet opera ancora sotto il controllo del Primo Ministro, ma le sue azioni sono state regolamentate rispetto al passato, almeno sulla carta. Il Comitato per gli Affari Esteri e la Sicurezza della Knesset è l’organo che assicura il funzionamento dell’agenzia nel rispetto della legge.

B’Tselem riferisce che i palestinesi che sono stati sottoposti agli interrogatori dello Shin Bet affermano che “sono tenuti in condizioni disumane, compresa la detenzione in celle strette e senza finestre”, altri “hanno riferito l’esposizione a temperature estreme di caldo e freddo, così come privazione del sonno”. Tal Steiner ha scritto su Haaretz del caso di Samer Arbid, un palestinese sospettato di omicidio ricoverato in ospedale nel settembre 2019 a causa di fratture multiple alle costole e insufficienza renale. Arbid affermò di essere stato  torturato dallo Shin Bet, ma quando  fu condotta un’indagine,  fu dichiarato, come centinaia di altre volte, che non c’era alcun illecito da parte dell’agenzia. Scrive che: “Questo invia un messaggio contorto a ogni interrogatore dello Shin Bet: non importa cosa fai durante l’interrogatorio, quanta violenza viene usata contro l’interrogato o quali sono i risultati, il sistema ti difenderà”.

Dal 2001 sono state presentate circa 1.200 denunce con accuse contro agenti che praticano violenze durante gli interrogatori dello Shin Bet, tuttavia, secondo il Comitato Israeliano Contro la Tortura, non ci sono state incriminazioni. Il gruppo stima che siano necessari circa 39 mesi per l’elaborazione di ogni denuncia, il che avviene mediante una valutazione delle dichiarazioni del denunciante e dell’interrogante. Lo Shin Bet non registra né tiene traccia delle tattiche utilizzate durante l’interrogatorio.

Il numero delle denunce è quadruplicato tra il 2012 e il 2015, secondo le informazioni fornite dal governo israeliano alla sua Alta Corte. L’aumento è avvenuto dopo che il tribunale ha consentito che le accuse di tortura fossero esaminate nei procedimenti penali. Nonostante ciò, un gruppo di organizzazioni per i diritti umani che rappresentano i palestinesi nei casi di tortura, ha registrato oltre 850 denunce di tortura che sono state inviate al procuratore generale tra il 2001 e il 2014, su cui non sono state effettuate indagini.

Sfortunatamente, lo Shin Bet non ha ascoltato i consigli di questi ex capi e le violazioni dei diritti umani sono continuate. La previsione dell’eminente filosofo Yeshayahu Leibowitz del 1968 sull’occupazione israeliana che spinge il paese verso l’autoritarismo è più attuale che mai. Egli predisse: “Uno stato che governa su una popolazione ostile di 1 milione di stranieri diventerà necessariamente uno stato dello Shin Bet”.

 

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org