Echi di resistenza: 8 musicisti palestinesi che dovreste avere nella vostra playlist

La musica è il mezzo perfetto per comprendere la moderna società palestinese.

Fonte: english version

Christina Hazboun -10 giugno 2021

In tutte le culture la musica è uno strumento espressivo comune all’umanità, ma che differisce fondamentalmente da un’area all’altra. In guerra e in pace, nel tumulto o nella tranquillità, le persone si esprimono culturalmente attraverso la produzione e il consumo di musica. In condizioni coloniali, le dinamiche di potere significano che il colonizzatore cerca di mettere a tacere i colonizzati, che a loro volta usano la loro voce per documentare le loro esperienze ed esprimere la loro cultura attraverso la musica.

Sebbene non tutta la musica sia intrinsecamente politica, essa cattura esperienze, stati d’animo e sentimenti che si sviluppano entro un certo periodo di tempo. Queste condizioni si applicano alla Palestina, dove gli artisti hanno spesso riflettuto sulle loro lotte quotidiane contro l’occupazione, la colonizzazione, la gentrificazione e, più recentemente, l’eccessiva violenza e gli sgomberi forzati dal quartiere di Sheikh Jarrah a Gerusalemme e i disumani bombardamenti della striscia di Gaza.

Attraverso la musica e il canto, si può ascoltare una Palestina diversa. La scena musicale palestinese contemporanea è ricca e brulicante di generi, dal rap, trap, hip hop al jazz, pop e rock. C’è anche musica sperimentale e musica popolare radicata nella cultura indigena palestinese. La bellezza della musica, oltre alla magia dei suoi suoni, deriva dalla sua capacità di catturare identità e definire lo spazio senza definirne i confini. Pertanto la musica è il mezzo perfetto per comprendere la moderna società palestinese.

I seguenti artisti danno ciascuno un’immagine diversa della musica palestinese e raccontano una storia diversa attraverso testi, strumenti e performance.

1) Kamilya Jubran

Kamilya Jubran

Una delle figure più venerate tra le giovani generazioni di musica araba sperimentale e alternativa di oggi è Kamilya Jubran. Kamilya è nata e cresciuta in una famiglia di musicisti della Galilea e la cantante palestinese e suonatrice di qanoon ha dato un contributo significativo al panorama sonoro palestinese contemporaneo.

Negli anni ’80 Kamilya, insieme a Said Murad, Issa Freij, Odeh Turjman e Yacoub Abu Arafeh, formò la leggendaria band palestinese Sabreen che ha pubblicato diverse canzoni sulla lotta quotidiana dei palestinesi, specialmente durante la prima Intifada. Il loro primo album “Smoke of the Volcanos” include molte canzoni radicate nella lotta palestinese per l’autodeterminazione.

Sicuramente vale la pena ascoltare la loro canzone “On Man” con parole tratte da poesie del famoso poeta palestinese Mahmood Darwish. La voce dolce ma forte di Kamilya riecheggia tra le colline di Gerusalemme mentre canta ai detenuti palestinesi “O voi, con occhi e palme sanguinanti!‎ La notte sta per finire.‎ Né la stanza degli interrogatori durerà, né le catene!”‎. Le opere soliste e collaborative contemporanee di Kamilya si sono evolute all’interno della tradizione modale (maqam) e si sono espanse oltre per avventurarsi in un suono pieno di contrasto e di ornamenti.

2) Nai Barhgouti

Nai Barghouti

La cantante, compositrice e suonatrice di ney Nai Barhgouti rimane invece saldamente radicata nel sistema modale e nella musica araba. L’impressionante carriera musicale della giovane cantante l’ha vista in tournée nel Regno Unito nel 2017, le sue composizioni di ney sono entrate a far parte del curriculum di flauto presso l’Istituto Internazionale di Musica Iberica di Valencia e la musicista ha esplorato il rapporto tra Tarab (canto classico arabo) e jazz al Conservatorio di Amsterdam.

Con l’entrata in vigore della decisione dell’occupazione israeliana di confiscare le case dei palestinesi indigeni nel quartiere di Sheikh Jarrah a Gerusalemme est, i palestinesi di ogni città e paese della Palestina storica sono scesi in piazza per protestare contro questo atto profondamente ingiusto. Molti si sono diretti a Gerusalemme per vegliare con le famiglie le cui case e la cui vita sono minacciate. Quando il 18 maggio i palestinesi  hanno annunciato il primo sciopero unificato dal 1936, Nai si è affrettata a cantare la realtà palestinese. La sua ultima pubblicazione “Raj’een” (che significa “Stiamo tornando”) è dedicata a tutti i palestinesi che hanno vissuto la Nakba (catastrofe o esodo e espropriazione del popolo palestinese nel 1948) e stanno tornando alla loro terra.

3) 47 Soul’s Walaa Sbeit

Durante l’ultima aggressione israeliana contro i palestinesi, un membro di spicco della famosa band shamstep  Walaa Sbeit dei 47 Soul, è stato arrestato per essere successivamente rilasciato e posto agli arresti domiciliari. Prima di essere arrestato dalle forze israeliane, il carismatico artista stava documentando le atrocità e gli attacchi ai cittadini palestinesi ad Haifa.

La band principalmente palestinese, composta attualmente da tre membri – Walaa Sbeit, Tareq Abu Kwaik (alias El Far3i) e Ramzi Suleiman (alias Z the People)  – ha potuto crescere e incontrarsi solo a Londra, lontano dalla Palestina e dalla Giordania, a causa delle restrizioni di viaggio imposte da Israele.

Annunciata dal Guardian come una delle 40 migliori band  del 2018, la band trae ispirazione da esperienze di esilio e spossessamento. “Dabke System” è tratto dal loro ultimo album “Semitics”e conserva ritmi e melodie tratti dal folklore palestinese, con ritmi contagiosi ad alta energia.

4) DAM

DAM Photo credit Nayef_Hammouri19

Sul fronte hip-hop, la band palestinese pionieristica DAM è in attività dai primi anni 2000. Proveniente dalla città di Lod, la formazione originale composta da Tamer Nafar, Suheil Nafar e Mahmood Jrere,  parla della povertà, del razzismo e della discriminazione affrontata dai cittadini palestinesi di Israele. In una delle loro prime canzoni “Meen Erhabi” (Who’s the terrorist?) affrontano i molti problemi che i palestinesi devono  fronteggiare dicendo “Chi è il terrorista? io sono il terrorista? Come posso essere io il terrorista quando tu hai preso la mia terra?!”

La città di Lod ha assistito a scene di violenza senza precedenti due settimane fa, quando la folla israeliana è scesa in strada attaccando e linciando i palestinesi. In risposta al caos, il loro frontman Tamer Nafar, in collaborazione con il rapper MOUDYALARABY, ha pubblicato una canzone intitolata “Erki Idak” (Metti il ​​tuo braccio intorno a me) che affronta l’ingiustizia, la morte e l’esilio che i palestinesi devono affrontare

5) Faraj Suleiman

Faraj Suleiman Photo Credit Pierre Etienne Ridoux

L’acclamato pianista e compositore jazz Faraj Suleiman ha portato nelle sue composizioni ritmi infusi di tango. Suleiman compone musica per il teatro e ha collaborato con il famoso artista di graffiti Banksy per il suo pezzo al Walled-off Hotel di Bethlehem, in Palestina.

Il suo ultimo album, in collaborazione con l’autore, attivista e paroliere Majd Kayyal, intitolato “Better Than Berlin”, affronta la continua gentrificazione di Haifa e i mostri della globalizzazione che incombono sulle città palestinesi. In “Mountain Street” si può fare un tour musicale di Haifa con approfondimenti sui problemi quotidiani dei cittadini palestinesi della città.

6) DJ Sama’ Abdulhadi

La famosa DJ techno Sama ‘Abdulhadi è ormai un nome familiare sulla scena techno. La “prima” DJ e produttrice techno palestinese è diventata famosa in tutto il mondo durante la Boileroom session del 2018 a Ramallah e da allora la regina della techno è andata in tournée in tutto il mondo.

La sua recente serie di “residence with Beatport” ha introdotto nel mondo nomi affermati ed emergenti sulla scena della musica elettronica palestinese.

7) Rasha Nahas

Rasha Nahas

Per gli amanti dell’avanguardia Rasha Nahas offre bellissime vibrazioni teatrali, con accenni di pop, indie rock, jazz, rockabilly, surrealismo, punk e parlato. La chitarrista, cantante e compositrice palestinese ha appena pubblicato il suo attesissimo album di debutto “Desert”.

Tutte le canzoni dell’album sono in inglese e Nahas offre alcuni dei lavori musicali più interessanti sulla musica contemporanea della regione dell’Asia occidentale e del Nord Africa. Nella sua canzone “Desert” Nahas parla dolcemente dei sentimenti lacerati, della sottile violenza dello spazio, dell’identità e del tempo.

8) Daboor e Shabjdeed dei BLTNM

Daboor

Ultimi, ma non meno importanti, sono arrivati sulla scena palestinese Daboor e Shabjdeed, la cui canzone “Inn Ann” (Se piange)  è diventata la colonna sonora dell’attuale Intifada. Il gruppo rap e hip-hop, che ha sede principalmente a Gerusalemme, ha reagito prontamente alle violazioni israeliane dei luoghi santi della città e dei diritti della sua gente pubblicando una canzone intitolata “Sheikh Jarrah”  in cui parla dei proiettili che volano attraverso il quartiere. I testi sono un’ode ai giovani uomini di Sheikh Jarrah, determinati, forti e senza paura.

Dai ritmi indigeni del dabke (una danza popolare originaria della Palestina e del Levante) ai brani techno globali, i suoni degli artisti palestinesi interpretano la realtà quotidiana attraverso la produzione di musica e video cosmopolita e forse anche globale, creando connessioni di solidarietà internazionale senza confini. I loro suoni forti e riverberanti, pur essendo radicati nell’autentica cultura palestinese, viaggiano liberamente attraverso i paesaggi sonori digitali delle moderne piattaforme di streaming per raccontare la storia di un popolo che rifiuta di essere messo a tacere, rifiuta di essere imprigionato e lotta per una vita dignitosa attraverso la liberazione.

Christina Hazboun è curatrice musicale ed etnomusicologa palestinese con sede a Londra. Produce e conduce il podcast DanDana su SOAS Radio e The Music Elevator al MARSM UK. Christina gestisce uno spettacolo mensile chiamato Musical Musings su Movement Radio e co-cura la sezione Safe and Sounds della rivista musicale online Rhythm Passport.

 

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