Israele ha tentato a lungo di attuare la pulizia etnica nei confronti dei palestinesi usando la Cisgiordania occupata come discarica di rifiuti tossici. Secondo Hala Yacoub, questo rafforza il motivo per cui la liberazione della Palestina è anche una lotta per la giustizia ambientale.
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Hala Yacoub – 13 luglio 2023
Immagine di copertina:Studenti palestinesi indossano mascherine e mostrano striscioni con la scritta “stop all’inquinamento atmosferico” mentre si riuniscono a Tulkarm, in Cisgiordania, per protestare contro l’inquinamento atmosferico causato dalla zona industriale di Nitzanei Shalom nel 2015. [GETTY]
Il governo israeliano ha recentemente desecretato oltre un milione di documenti dai propri archivi di stato, rivelando parte dei piani di Israele per creare una nuova fase dell’impresa coloniale dei coloni. Questa strategia prevede la lenta pulizia etnica dei palestinesi costruendo insediamenti in Cisgiordania.
Questi documenti mostrano i verbali delle riunioni tenute dalla Divisione Giudea e Samaria dell’esercito israeliano che descrivono le fasi del progetto di insediamento in Cisgiordania. Secondo i documenti, il primo passo sarebbe espropriare i palestinesi dalle loro terre usando la copertura legale delle “zone di fuoco”. Se i palestinesi dovessero rifiutarsi di lasciare le loro case, verrebbero applicate ritorsioni di varie genere, inclusa la distruzione dei raccolti.
I documenti registrano anche la colonizzazione israeliana di Aqraba, un villaggio nel nord della Cisgiordania, e la costruzione dell’insediamento di Gitit. Descrivono in dettaglio le fasi della creazione di un processo di coercizione, al fine di espropriare con la forza i palestinesi dal villaggio, dopo che le tattiche precedenti erano fallite, inclusa la dichiarazione della terra come area militare chiusa.
”È chiaro che Israele tratta la Cisgiordania come la sua discarica privata, perché è molto più economico inquinare l’area che trattare o ridurre responsabilmente i rifiuti. Tuttavia, sarebbe ingenuo aspettare un approccio responsabile dal punto di vista ambientale da un regime di apartheid che esiste per favorire una più ampia impresa coloniale, specialmente quando le continue violazioni aiutano a far avanzare questo progetto.”
Per raggiungere il loro obiettivo, le autorità israeliane, compresi i militari occupanti, il dipartimento per gli insediamenti presso l’Agenzia Ebraica e il Custode della Proprietà degli Assenti, hanno ammesso di aver diffuso sostanze chimiche tossiche che sono “letali per gli animali e pericolose per l’uomo”, oltre che ridurre drasticamente la crescita dei raccolti.
Questa tattica di avvelenamento della terra è stata una nuova rivelazione fornita dai documenti rilasciati.
Analogamente al caso di Aqraba negli anni ’70, oggi Masafer Yatta e la Valle del Giordano stanno affrontando politiche volte a cacciare i palestinesi dalle loro terre. Si inizia con Israele che crea aree di addestramento militare che fungono da copertura legale, e successivamente si sviluppa un ambiente coercitivo attaccando sistematicamente la presenza palestinese nelle aree prese di mira.
Sacrificare i palestinesi
Il crimine di irrorare i raccolti è in corso dal 1972. Poco è cambiato nel corso dei decenni, le pratiche odierne e le politiche di ieri dimostrano che quando tutto il resto fallisce, Israele ricorre facilmente all’attacco dell’ecosistema palestinese, usando tossine per favorire il colonialismo dei coloni e il regime di apartheid.
La terra palestinese è anche usata come colossale zona di smaltimento rifiuti da Israele, che nei territori palestinesi occupati colloca discariche a cielo aperto appartenenti ai suoi insediamenti illegali
Oggi, ci sono almeno 15 discariche israeliane documentate in Cisgiordania, situate vicino a villaggi palestinesi e che hanno un impatto negativo sul benessere, l’agricoltura e la sicurezza delle comunità. Alcuni comportano il seppellimento di rifiuti grezzi e altri sono usati per trattare i rifiuti riciclati, un processo pericoloso.
Nella Valle del Giordano, si dice che il suolo assorba il 60% dei fanghi tossici risultanti dal trattamento delle acque reflue israeliane. Inoltre, la più grande discarica israeliana creata per il trattamento dei rifiuti sanitari si trova nell’insediamento illegale di Maale Ephraim, nel nord della Cisgiordania.
A peggiorare le cose, diverse industrie e discariche sono state collocate vicino alla linea verde o all’interno della Cisgiordania, dove le ripercussioni ambientali ricadono solo sui palestinesi. Ad esempio, le fabbriche Geshuri and Sons, che producono una gamma di prodotti, principalmente pesticidi, sono state spostate dalla loro sede precedente – considerata troppo dannosa per gli israeliani – nell’insediamento industriale di Nitzanei Shalom, nella città di Tulkarm.
Anche la fabbrica di pesticidi di Kfar Saba è stata spostata nell’area di Tulkarm, così come la fabbrica di gas industriale della società Dixon Gas che necessita di bruciare liberamente i suoi prodotti di rifiuti solidi. Entrambe le fabbriche producono inquinanti pericolosi dannosi per i palestinesi.
Ecocidio per l’apartheid
Per Israele, la Cisgiordania è popolata da palestinesi “non meritevoli di diritti ambientali” , costretti di conseguenza a soffrire di tassi crescenti di cancro, malattie ottiche e respiratorie. Questo è certamente il caso di Tulkarm dove, secondo una ricerca del professor Mazen Salman della facoltà di agraria dell’Università di Khudouri, la maggior parte delle malattie ottiche e respiratorie della zona sono localizzate nei dintorni delle fabbriche israeliane.
Per non parlare degli acri di colture palestinesi che sono stati distrutti, compresi gli agrumeti a Wadi Qana e gli uliveti a Qaryut (nel governatorato di Salfit).
”È chiaro che Israele tratta la Cisgiordania come la sua discarica privata, perché è molto più economico inquinare l’area che trattare o ridurre responsabilmente i rifiuti. Tuttavia, sarebbe ingenuo aspettare un approccio responsabile dal punto di vista ambientale da un regime di apartheid che esiste per favorire una più ampia impresa coloniale, specialmente quando le continue violazioni aiutano a far avanzare questo progetto.”
Collocando discariche pericolose nei TPO, Israele non solo genera un ambiente atto a sfollare i palestinesi, ma anche l’annessione de facto delle terre che ospitano le discariche, in violazione della 4a Convenzione di Ginevra.
Il rapporto tra le violazioni ambientali di Israele e il suo regime di apartheid è inevitabile. Usare le discariche di rifiuti nei Territori Palestinesi Occupati per mantenere in modo efficiente l’economia dei coloni ebrei, annettere e deportare i palestinesi per potenziare il colonialismo dei coloni, imporre condizioni di vita impossibili ai palestinesi, sacrificare sistematicamente una zona e la sua popolazione per il bene di un’altra, sono tutte forme di apartheid. Del resto, la Convenzione sull’Apartheid (1973) evidenzia nella sua definizione “l’imposizione di condizioni di vita calcolate per provocarne la distruzione fisica”.
In effetti, le violazioni di Israele non sono meramente ambientali, né nell’intento né nell’effetto. Le zone di deposito o sversamento, come fenomeno globale, servono gli interessi imperialisti. Ciò evidenzia non solo che la lotta palestinese è di natura ambientale, ma anche che la giustizia ambientale è incompleta senza la lotta per la decolonizzazione della Palestina.
Hala Yacoub è una praticante avvocato di 24 anni presso lo studio legale Al-Jubran e ricercatrice legale presso il Justida Legal Research Center in Palestina. Con un profondo interesse per il diritto internazionale, Hala si impegna attivamente nell’esplorazione dell’applicazione dei principi legali per far avanzare la lotta per la liberazione palestinese e promuovere un mondo più giusto. Come volontaria presso Stop The Wall, dedica il suo tempo alla difesa dei diritti dei palestinesi e alla sensibilizzazione sulle continue forme di oppressione che devono affrontare.
Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” – Invictapalestina.org