Armeni del Libano: destinati a essere di nuovo rifugiati

Il popolo libanese è abituato a viaggiare ed emigrare in ogni angolo del mondo, ma, analizzando un campione di popolazione, si è visto che il numero degli armeni, rispetto ad altre minoranze, è diventato particolarmente esiguo.

Fonte: English version

Mounir Kabalan – 3 ottobre 2022

La zona di Bourj Hammoud, a nord di Beirut, è considerata la capitale degli armeni in Libano. Vi si erano rifugiati in seguito ai genocidi perpetrati contro di loro per mano degli ottomani a cavallo del secolo scorso, e per molti anni è rimasta, insieme ad alcune zone circostanti, testimone di un’esperienza unica nel mondo dell’economia, della finanza, del commercio e dell’industria. Quando si va in queste zone, si vede la schiacciante presenza armena attraverso i nomi delle strade, dei negozi e delle istituzioni, oltre alle strutture scolastiche, ai club e ai gruppi scout tra gli altri.

Nel tempo, soprattutto negli ultimi dieci anni, le caratteristiche della zona hanno però cominciato a cambiare. Ciò che è apparso chiaro non è stato di per sé il declino della presenza armena, ma ciò che le successive crisi hanno determinato anche in questa area, con la chiusura di decine di istituzioni e la migrazione di giovani all’estero, soprattutto dopo il 2019, con l’aggravarsi della crisi politica ed economica. Questo è stato accompagnato dall’emergere di molte comunità di diverse nazionalità in quegli stessi quartieri, a spese della presenza armena.

Sogni infranti

Karo Ibram Bekarian, un industriale libanese di origine armena, racconta a Raseef22 la storia della chiusura della sua fabbrica. Dice: “La mia fabbrica produceva borse da donna in pelle. Insieme a mia moglie, abbiamo avviato la nostra piccola attività da casa. Con il passare del tempo, con la crescita dell’attività, siamo diventati una fabbrica con 17 dipendenti. Siamo partiti molto bene e la nostra situazione finanziaria è migliorata. Possedevamo una stanza e un piccolo cortile, poi ho comprato una casa e una macchina per me e un’altra per mia moglie, e tutto questo grazie al nostro duro lavoro e a sangue, sudore e lacrime”.

Una serie di crisi successive – a partire dall’assassinio del primo ministro Rafic Hariri nel 2005, poi la guerra di luglio nel 2006, accompagnata da sconvolgimenti e omicidi che hanno scosso il Paese – hanno messo a dura prova Karo, la sua fabbrica e le famiglie dei lavoratori, ma lui è andato avanti, fino all’esplosione del 2019. La questione delle banche e l’esplosione del porto di Beirut hanno completamente distrutto tutti i suoi sogni. Non è stato in grado di resistere ed è stato costretto a chiudere definitivamente la fabbrica”.

Dal possedere una fabbrica che fa borse, al lavoro da casa solo per sbarcare il lunario, Karo racconta delle grandi responsabilità che lo costringono a sfidare le attuali, difficili circostanze, “Oggi lavoro da casa, facendo le borse su ordinazione. Ho venduto casa e macchine e ringraziamo sempre Dio perché sono ancora dipendente da me stesso e penso che la percentuale più alta dei libanesi soffra dello stesso problema. Sto combattendo per garantire il sostentamento della mia famiglia, dall’alloggio al cibo e alle medicine. La vita è diventata molto difficile”.

L’immigrazione è la soluzione?

Georgick Mano Papazian, un giovane libanese di origine armena, non riusciva a sopportare la difficile situazione in Libano, così era andato in Spagna in cerca di una vita decente, ma non ha resistito a lungo ed è tornato in Libano. Tuttavia l’idea di emigrare lo assilla ogni giorno.

“Sto pensando di emigrare, perché in Libano non c’è futuro e non c’è lavoro. Ho chiesto asilo in Spagna, sono arrivata a Malaga, ma non ho potuto restare a causa della lingua. Non parlano inglese, francese, armeno o arabo, il che significava che dovevo usare Google Translate per fare qualsiasi cosa.  Sono così tornato in Libano, e oggi aspetto qualsiasi opportunità all’estero, perché la situazione in Libano non è più tollerabile”.

Georgick aggiunge: “L’intero Libano e l’intero popolo libanese sta soffrendo la crisi e la sta vivendo, compresi  i libanesi di origine armena. Molti miei amici e persone della mia regione stanno pensando di emigrare in cerca di una realtà migliore”.

Dalla prima guerra

Con l’intensificarsi dell’oppressione ottomana contro il nazionalismo armeno, che ebbe il suo culmine nel genocidio, gli armeni sopravvissuti si dispersero per il mondo. Alcuni di loro arrivarono in Libano, portando con sé un patrimonio culturale, molteplici talenti, industrie e mestieri che avrebbero arricchito il Pese.

Parlando con Raseef22, Karim Pakradouni, ex ministro di origine armena, fa notare che un piccolo numero di armeni arrivò in Libano prima dei massacri, ma dopo il genocidio ottomano, dove nel 1915 morirono un milione e mezzo di persone, gli armeni iniziarono a fuggire in vari paesi, compreso il Libano, dove si stabilirono in gran numero”.

Gli armeni iniziarono a partecipare alla vita libanese attraverso l’economia. Erano un popolo organizzato, anche in partiti. Questi incoraggiavano il lavoro, istituivano scuole e preservavano la lingua armena. Erano inoltre bravi artigiani che quando arrivarono in Libano si fecero rapidamente strada nell’economia, trasformando il loro mestiere in un’industria. Ad esempio il calzolaio diventava un produttore e venditore di scarpe.

Lavoro e sviluppo

Karabid Fikrajian, ricercatore economico e giuridico presso l’Istituto libanese per gli studi di mercato, anche lui di origine armena, afferma che “il fattore principale è che arrivarono ​​​​in un luogo dove c’era molto spazio per lavorare e nessuno gli impedì dal farlo, così come non c’erano leggi che impedissero loro di possedere o investire, perché il Libano faceva parte del Sultanato. Fu diverso con il Mandato francese: la mancanza  di fondi assistenziali per i rifugiati li spingeva a non lavorare e a rimanere nei propri luoghi di residenza”.

Aggiunge: “Gli armeni  furono costretti a lavorare per assicurarsi il proprio sostentamento, e da qui iniziarono a lavorare e sviluppare le loro professioni in un momento in cui l’ambiente libanese era favorevole al lavoro e alla produttività, con tasse basse e poche leggi che ostacolavano il lavoro . E queste persone poterono, nonostante la barriera linguistica, svilupparsi e acquisire conoscenze scientifiche estese e avanzate”.

Neutralità temporanea

Gli armeni non si impegnarono nella vita politica libanese, rimanendo neutrali sin dal loro arrivo. Sostenevano lo stato ufficiale qualunque forma esso assumesse; cioè, sotto la presidenza di Camille Chamoun, erano sostenitori di Chamoun, e quando Fouad Chehab salì al potere divennero sostenitori di Chehab, e questa fu la loro regola principale fino al 1975. Erano isolati dalla politica libanese e non volevano essere coinvolti nei conflitti in corso in Libano.

Nel 1936, con la presenza dei francesi, si aprì in Libano la porta alla naturalizzazione. Secondo Pakradouni, questa decisione di naturalizzare gli armeni segnò una svolta nella loro vita politica. Prima erano profughi armeni, poi, con le nuove nascite, divennero libanesi di origine armena.

Gli armeni  poterono mantenere la loro identità e collettività per lunghi periodi di tempo, attraverso i club scout, le scuole armene e la chiesa, senza dimenticare  la lingua che viene trasmessa di generazione in generazione, oltre a vivere all’interno di una specifica area geografica. Tutto ciò aveva impedito una piena integrazione nella società libanese, ma ora non è più così. Assistiamo piuttosto a livelli e fasi di integrazione. Secondo Pakradouni, coloro che sono nati in Libano e hanno frequentato scuole non armene, si sono rapidamente integrati nella società libanese e oggi siamo di fronte a una completa integrazione, se non a una completa assimilazione.

Via alla politica!

Con nuove generazioni nate in Libano e integrate con la società libanese, ora vi sono  libanesi di origine armena al di fuori dei tradizionali partiti armeni, cosa che non avveniva in passato. Ciò significa che il popolo libanese di origine armena si sta ora comportando come un cittadino libanese, pur conservando una certa identità collettiva. Era necessario entrare nell’arena politica libanese attraverso partiti armeni o altri partiti libanesi.

Parlando con Raseef22, Paula Yacoubian, membro del parlamento libanese di origine armena, sottolinea il fatto che gli armeni fanno parte del popolo libanese ed è normale che entrino nell’arena politica e che facciano parte del processo decisionale, oltre ad essere candidati, elettori e partecipanti alla vita politica.

Commentando la sua esperienza, dice: “Sono entrata nell’arena politica non perché sono di origine armena, ma perché sono libanese e come il resto del Popolo libanese vivo e assisto direttamente al degrado e al declino dello Stato e di tutti i suoi problemi, quindi ho deciso di fare questo passo quando ho visto come i partiti politici libanesi escludessero l’opposizione e si spartissero influenza, azioni e benefici. Hanno addirittura cancellato l’idea di attuare  azioni a beneficio del popolo e del Paese, e hanno deciso di dedicarsi ancora di più al furto, ed è per questo che ho deciso di entrare (in politica) contro questo autorità.”

“Il più triste di una serie di dolori”

Comincia tuttavia a farsi evidente  il fenomeno  dell’immigrazione del popolo libanese, legale o clandestina, e gli armeni — facendo parte del tessuto libanese — hanno anch’essi iniziato ad emigrare, come dimostra la bassa affluenza alle urne in aree armene. In questo contesto, Yacoubian afferma che “La realtà del popolo libanese di origine armena è la più triste dell’ultima serie di dolori libanesi, e la comunità armena testimonia il suo continuo declino ogni quattro anni”.

Continua dicendo: “Gli armeni oggi, a causa dei partiti che li hanno portati verso il nulla e verso la mancanza di leadership, con una politica che non è di alcuna utilità per il popolo e che non li aiuta  a rimanere nella loro terra, nelle loro scuole e nel loro paese, non hanno altra scelta che emigrare”.

Dal canto suo, Farkajian sottolinea che il motivo che spinge gli armeni ad emigrare è lo stesso che spinge il resto del popolo libanese ad emigrare. Anno dopo anno la situazione stava diventando sempre più soffocante e poi è arrivata la crisi attuale: le condizioni non sono più favorevoli per gli investimenti e l’autosviluppo, quindi vanno all’estero.

Non c’è dubbio che il popolo libanese sia abituato a viaggiare ed emigrare in ogni angolo del mondo, ma, analizzando un campione di popolazione, si è visto che il numero degli armeni, rispetto ad altre minoranze, è diventato particolarmente esiguo. Tutto ciò a causa dell’immigrazione di massa, generata da una terribile realtà sociale, politica, di sicurezza ed economica; una realtà che sembra avanzare sempre più verso il peggio.

 

Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” -Invictapalestina.org