Contro il femminismo bianco: ridefinire le eroine del femminismo

La morte della regina Elisabetta II ha acceso il dibattito sul fatto che la monarca fosse un’icona femminista. Ma dietro queste discussioni apparentemente leggere, si nasconde un discorso profondamente difficile che penetra nel cuore dei movimenti femministi globali.

Fonte: English version

Noshin Bokth – 19 ottobre 2022

Immagine di copertina: “Against White feminism” (Contro il femminismo bianco) è un approccio radicalmente inclusivo, intersezionale e transnazionale alla lotta per i diritti delle donne [Hamish Hamilton]

La defunta regina Elisabetta II, erede della monarchia imperiale britannica, è un’icona femminista?

La domanda su cosa denoti essere femminista è oltremodo appropriata, mentre il mondo rivisita la lunga vita di questa monarca. Mentre molti lodano i suoi successi e la sua vivacità, altri analizzano criticamente  il suo dubbio ruolo.

Di fronte alla sua morte, libri come “Contro il femminismo bianco” di Rafia Zakaria sono rivelatori e ridefiniscono la verità del femminismo e della sua storia.

“Il libro [Against White Feminism] è una raccolta di 8 saggi che esplora le ramificazioni che l’imperialismo, il colonialismo dei coloni, il capitalismo, il neocolonialismo e il tardo capitalismo hanno avuto sugli attuali discorsi e pratiche femministe”

 

“Contro il femminismo bianco” è un’analisi calma, saliente e metodica del femminismo bianco e un appello a smantellarlo con urgenza.

Rafia Zakaria, un’avvocatessa pakistana per i diritti civili, presenta la sua argomentazione con brillante chiarezza utilizzando vignette personali, approfondimenti storici e analisi interculturali. La sua solenne introduzione dà il tono al resto del libro quando scrive:

“Questo non è un libro di teoria femminista, ma di pratica femminista, delle sue genealogie problematiche, dei problemi del passato e delle nuove forme che hanno assunto nel nostro presente”.

È un’esperienza intima ed educativa, con Zakaria che intreccia le sue complesse esperienze di donna dalla pelle marrone, espatriata, avvocatessa esperta  e sopravvissuta, con esempi storici e contemporanei.

Illustra in modo evocativo i secoli di traumi subiti per mano del femminismo incentrato sui bianchi. Senza scrupoli, costringe il lettore ad accettare la realtà che il femminismo occidentale tradizionale è al servizio delle donne bianche e delle agende bianche.

Il femminismo tradizionale richiede che tutte le donne accettino un sottoinsieme di valori e nega le esperienze delle donne dalla pelle scura. Pertanto, Zakaria definisce una femminista bianca come qualcuno che accetta semplicemente i benefici conferiti dalla supremazia bianca a spese delle persone di colore, mentre afferma di sostenere l’uguaglianza di genere e la solidarietà con “tutte” le donne.

Di recente ci siamo trovati di fronte alla morte della regina Elisabetta II e alla sua eredità coloniale.

La sua morte ha riattizzato il discorso sulla storia coloniale britannica e sulla sua definizione arbitraria di icona femminista. Le conversazioni accese dalla sua morte rendono “Against White Feminism “una lettura attuale.

Le argomentazioni del libro ci costringono a stare al fianco di Zakaria nel mettere in discussione il tipo di femminismo che domina i nostri media e la nostra politica e cosa questo significhi per la realtà delle donne dalla pelle scura.

Secondo Zakaria, l’idea che sia le donne bianche che le donne di colore subiscano le stesse discriminazioni da parte degli uomini, è errata.

Mentre le donne bianche godono del privilegio razziale bianco, le donne di colore non sono colpite semplicemente dalla disuguaglianza di genere, ma anche dalle disparità razziali. Questo poi ci riporta alle implicazioni del femminismo “daltonico” sulle esperienze e le realtà politiche delle donne di colore.

Il problema non è l’identità razziale, ma piuttosto l’insieme di comportamenti, presupposti e valori che formano il femminismo bianco. Zakaria sostiene che questi valori e comportamenti hanno contribuito a radicare il razzismo sistemico nelle nostre vite quotidiane, nella politica e nelle istituzioni che hanno la pretesa  di servire la giustizia.

La venerazione forzata per la monarchia britannica è un chiaro esempio delle argomentazioni di Zakaria. Quando la regina Elisabetta fu incoronata nel 1952, più di un quarto della popolazione mondiale  era sotto il dominio britannico.

Anche se oltre 20 paesi hanno ottenuto l’indipendenza durante il suo regno, la sua mancanza di contrizione per i crimini dei suoi predecessori la rende complice. L’impero che governava, anche se solo come prestanome, era costruito sulla schiavitù, il saccheggio e la spogliazione dei paesi africani e asiatici e sulla loro totale distruzione.

I gioielli sulla sua corona sono stati rubati da nazioni precedentemente colonizzate, senza che sia seguito alcun segno di riparazione. Mentre i critici affermano che era solo un simbolo, ormai in declino, della gloria britannica e non deteneva un vero potere politico, aveva però una voce.

Una voce che non ha mai pronunciato una sillaba di scuse o intrapreso azioni nei confronti di generazioni cresciute sotto l’oppressione britannica. Nonostante  ciò, i riconoscimenti verso di lei hanno continuato a risuonare  e il suo status di icona femminista rimane.

L’elogio per la regina Elisabetta e il deliberato oscuramento della storia coloniale britannica sono solo un frammento parziale di un sistema più ampio che prospera sull’universalizzazione dei privilegi e del razzismo dei bianchi. Attraverso la sua appassionata prosa, Zakaria espone in modo incisivo le istituzioni e la storia che hanno permesso a questo di continuare, in particolare nel movimento femminista.

Inizia con la nostra educazione, dove i corsi di studi di genere raramente menzionano i contributi di femministe nere, marroni e musulmane. Questo pone le basi per i valori che definiscono una femminista e apre la strada verso l’uguaglianza attraverso una lente sfumata di bianco.

Uno degli esempi più notevoli presenti nel libro è quello delle donne bianche “civilizzate” che viaggiano nei paesi colonizzati con il pretesto di salvare la donna di colore. Il complesso della salvatrice femminista bianca, dice, ha preso forma nell’era coloniale.

Nel 19° secolo le donne bianche si sentivano vincolate dai loro ruoli di genere nei loro paesi d’origine e si  dedicarono quindi a “salvare” le donne delle colonie. Pur esse stesse subordinate agli uomini  bianchi, erano tuttavia considerate superiori per razza ai “sudditi” colonizzati. Più recentemente , le devastanti implicazioni della guerra al terrore e dell’azione militare statunitense continuano a essere sostenute dalle donne bianche che credono che le donne mediorientali abbiano bisogno di essere liberate.

Oltre a questo, il libro esamina una serie di eventi attuali e storici indissolubilmente collegati. Ma il punto cruciale del saggio è dove si dimostra  il profondo fallimento nel sostenere le persone e le donne emarginate su scala globale.

Il vero femminismo amplifica i diritti e le voci di una società collettiva e va oltre il femminismo del sesso sicuro e delle volubili pretese di liberazione. Zakaria ribadisce che non sta esortando ad eliminare le donne bianche dal femminismo, ma piuttosto il “bianco” dal movimento. In tal modo, trasformiamo la società ed eliminiamo una gerarchia che favorisce il genere, la classe, la razza e lo status.

Chiede una ridistribuzione delle risorse, come programmi di welfare, l’assistenza legale per le donne di colore e la rappresentanza nella sfera politica al di là delle politiche identitarie e dei dialoghi in corso. L’audace e vibrante analisi di Zakaria sottolinea che la storia del razzismo sistemico all’interno del femminismo deve oggi essere rivisitata e indagata. Le sue parole sono esplicite, accattivanti e ricche.

La scioccante verità sulle basi coloniali del movimento femminista ci disorienta, davanti a titoli che  definiscono icone femministe pupazzi colonialisti come la regina Elisabetta II

L’invito all’azione di Zakaria, e la morte di un monarca britannico, ci aiutano a riflettere su questa frase: “La bianchezza non è interpretata come una categoria biologica, ma come un insieme di pratiche e idee emerse dal fondamento della supremazia bianca, essa stessa eredità di imperi e schiavitù”.

 

Noshin Bokth ha oltre 6 anni di esperienza come scrittore freelance. Ha trattato una vasta gamma di argomenti e questioni, tra cui le implicazioni dell’amministrazione Trump sui musulmani, il movimento Black Lives Matters, recensioni di viaggi, recensioni di libri e editoriali. È l’ex redattore capo di Ramadan Legacy ed ex redattore regionale nordamericano di Muslim Vibe.

 

Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” -Invictapalestina.org