L’INTIFADA ITALIANA IN RISPOSTA AL GENOCIDIO DI GAZA 

Indipendentemente da dove oscilli il pendolo della storia, non si può negare che ciò che sta accadendo in Italia in questo momento non sia altro che una rivolta politica, un’Intifada.

Fonte: English version

Di Ramzy Baroud – 29 settembre 2025

Ciò che sta accadendo oggi in Italia riguardo a Gaza non ha precedenti nella storia della solidarietà tra il Paese e qualsiasi altra causa internazionale. È in corso una rivolta popolare, le cui conseguenze probabilmente modificheranno non solo la posizione di Roma sul Genocidio israeliano nella Striscia, ma anche l’intera struttura politica del Paese.

Per comprendere perché tale conclusione sia razionale, dobbiamo considerare due fattori importanti: la mobilitazione popolare in tutto il Paese e il contesto storico dell’atteggiamento politico dell’Italia nei confronti della Palestina e del Medio Oriente.

Quando è iniziato il Genocidio israeliano a Gaza, il linguaggio e l’atteggiamento politico del governo di estrema destra di Giorgia Meloni erano più o meno coerenti con le posizioni politiche adottate da altri capi di Stato europei. Nella sua visita in Israele il 21 ottobre 2023, il linguaggio di Meloni è stato quello di una condanna incondizionata dei palestinesi per l’attacco del 7 Ottobre e di un sostegno altrettanto incondizionato a Israele e al suo “diritto a difendersi”.

Questa posizione è rimasta costante fino a pochi mesi fa, quando il Genocidio israeliano ha raggiunto un livello troppo estremo perché persino Meloni potesse ignorarlo. Lo ha affermato il Ministro della Difesa italiano Guido Crosetto, che ad agosto ha dichiarato che Israele aveva “perso la sua sanità mentale e la sua umanità”.

Ciò nonostante, le armi italiane hanno continuato ad affluire in Israele. Anche quando Roma decise di non inviare nuove armi a Tel Aviv, i vecchi contratti militari precedentemente firmati con il colosso italiano degli armamenti Leonardo continuarono a essere onorati, nonostante queste armi fossero state utilizzate direttamente nel Genocidio israeliano a Gaza.

Non solo Meloni “onorò” l’impegno del Paese nei confronti di Israele a spese di centinaia di migliaia di palestinesi innocenti a Gaza, ma lo fece anche a scapito della Costituzione progressista italiana, che afferma che il Paese “rifiuta la guerra come strumento di aggressione alla libertà degli altri popoli”.

D’altra parte, la società italiana rimase, almeno per un po’, confusa e apparentemente docile di fronte ai Crimini israeliani e al sostegno del suo governo al Genocidio in corso. Questa apparente docilità non rifletteva necessariamente la mancanza di interesse del popolo italiano per gli eventi al di fuori dei propri confini. Piuttosto, rifletteva tre importanti fattori politici e storici che vale la pena sottolineare.

Il primo, i media italiani sono stati recentemente divisi in due gruppi principali: i media privati, in gran parte di proprietà della famiglia del defunto Primo Ministro Silvio Berlusconi, un magnate dei media di estrema destra e stretto alleato del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, e i media pubblici, vincolati ai dettami del governo. Come prevedibile, entrambi sono rimasti fedeli alla linea dell’Hasbara israeliana che criminalizza i palestinesi e assolve Israele.

Il secondo, la mancanza di piattaforme organizzative in Italia, precedentemente integrate nelle attività dei sindacati di base popolare. Storicamente, i sindacati più potenti in Italia erano direttamente collegati ai partiti politici che godevano di una rappresentanza significativa nel Parlamento italiano. Insieme, riuscivano non solo a tirare le fila della politica, ma persino a influenzare le politiche, a livello nazionale e internazionale.

Terzo, tutto quanto sopra è legato al profondo riposizionamento della politica italiana tra la Prima Repubblica (1948-1992) del secondo dopoguerra e la Seconda Repubblica (dal 1992 a oggi). Questo profondo riallineamento fu direttamente correlato al crollo dell’Unione Sovietica, allo smantellamento del Partito Comunista Italiano, un tempo il più potente e rilevante in Occidente, e all’ascesa del centrodestra.

Quest’ultimo evento non solo impose un radicale cambiamento nella politica interna italiana, ma anche nel suo atteggiamento in politica estera, allontanandosi, ad esempio, dalla posizione molto più equilibrata sull’Occupazione israeliana della Palestina, per abbracciare i politici israeliani di estrema destra.

Questa adesione è diventata più evidente durante gli anni di Berlusconi, ma è stata anche accentuata nella Lega del vicepremier Matteo Salvini, nota persino tra gli italiani per essere l’erede naturale dell’eredità fascista italiana.

Ma le cose hanno iniziato a cambiare grazie all’entità della criminalità israeliana a Gaza, alla crescente solidarietà globale per la Palestina e all’elaborata mobilitazione popolare in Italia stessa dall’inizio del Genocidio.

La scorsa settimana, i lavoratori portuali italiani hanno guidato uno sciopero nazionale contro la guerra a Gaza e le spedizioni di armi in Israele. L’azione si basava su una lunga storia di resistenza dei lavoratori alla militarizzazione, soprattutto nei porti utilizzati per il trasporto di armi. Organizzata da sindacati di base e reti di solidarietà, la mobilitazione ha evidenziato un ampio rifiuto da parte dei lavoratori di essere complici delle politiche governative che sostengono la Guerra e il Genocidio.

Improvvisamente, i sindacati italiani sono tornati in piazza, non solo per negoziare salari migliori, ma per rivendicare il loro ruolo di avanguardia della solidarietà in patria e all’estero. Le conseguenze di questo evento potrebbero da sole inaugurare un cambiamento radicale nell’atteggiamento politico del popolo italiano.

Mentre il governo Meloni continua a rifiutarsi di riconoscere lo Stato di Palestina, lei si pone in diretta opposizione alle aspirazioni del suo stesso popolo, di ogni estrazione politica e ideologica. Questo potrebbe costarle caro nelle future elezioni.

L’Italia è ora sull’orlo di un altro momento storico, il cui esito potrebbe radicare ulteriormente il Paese nell’estrema destra o riportarlo a una posizione molto più coerente con la sua storia radicale di antifascismo, mobilitazione sociale e resistenza internazionalista.

Indipendentemente da dove oscilli il pendolo della storia, non si può negare che ciò che sta accadendo in Italia in questo momento non sia altro che una rivolta politica, un’Intifada.

Ramzy Baroud è un giornalista e redattore di The Palestine Chronicle. È autore di sei libri. Il suo ultimo libro, curato insieme a Ilan Pappé, è “La Nostra Visione per la Liberazione: Leader Palestinesi Coinvolti e Intellettuali Parlano”. Ramzy Baroud è un ricercatore senior non di ruolo presso il Centro per l’Islam e gli Affari Globali (CIGA), dell’Università Zaim di Istanbul (IZU).

Traduzione a cura di: Beniamino Rocchetto 
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